Luigi Ennio Colacino aveva 45 anni e veniva da Cutro: lascia un figlio di dodici anni e una figlia di sette. Mario Cristofaro di anni ne aveva 49, origini napoletane, lascia a Crotone le sue piccole donne: sua moglie e le due figlie. Santo Bruno, 53 anni, di Isola Capo Rizzuto invece aveva due figli maschi. Vedovo, la moglie deceduta nel fiore degli anni, provava a ricostruire la sua vita con una nuova compagna.


C’erano loro, quella straziante notte di sabato con Massimo Marrelli. Loro a lavorare al buio, in quella trincea di sette metri scavata per collegare due pozzi neri prima dell’arrivo di una nuova tempesta, nella tenuta dell’imprenditore crotonese. Loro seppelliti dalla terra di riporto, argillosa e intrisa d’acqua, venuta giù in un attimo.


Luigi, Mario e Santo: quella di via delle Calle, a Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, nella tenuta dei Marrelli, è l’ennesima tragedia che si consuma sul lavoro. Ed è quindi anche, e soprattutto, la loro tragedia. Che non può e non deve lasciare indifferenti. Colpa di «un incauto sbancamento» - ha denunciato pubblicamente, nell’immediato – la Protezione civile. Sarà l’inchiesta coordinata dal pm di Crotone Andrea Corvino, con il supporto dei Carabinieri della Tenenza di Isola e dello Spisal, a far luce di quando accaduto e su eventuali responsabilità. Quel che resta, adesso, come certezza, è solo un dolore immane. Lacerante, inaccettabile, per una comunità sconvolta e ferita, che già nello scorso aprile – dopo la tragedia del lungomare costata la vita a tre operai, gridò: «Mai più».

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