«Dobbiamo tornare ad abitare la Chiesa, il Paese ne ha un profondo bisogno, c'è una domanda enorme e rispondere significa dare un contributo alla coesione sociale», sono le parole del sottosegretario Cei don Ivan Maffeis.

 

La Conferenza episcopale italiana chiede di poter riprendere con la celebrazione delle funzioni religiose e di poter riaprire le porte delle chiese alla comunità. Ovviamente, fino a quando non sarà finita l’emergenza, adottando le dovute precauzioni. Dunque, messe con volontari che garantiscano le distanze, funerali, battesimi e matrimoni con la presenza dei familiari stretti, qualche incontro di comunità facendo uso dei dispositivi di protezione, l’igienizzazione dei locali.

 

Un pacchetto di proposte che la Cei illustrerà questa settimana al governo. Con la speranza di poter riprendere già dopo il 3 maggio. «Sappiamo tutti che il 4 maggio – afferma don Maffeis - l'emergenza non sarà finita, ma se aspettiamo che finisca possiamo mettere in soffitta per sempre la vita ecclesiale. Per questo chiediamo che ci venga riconosciuta la possibilità di riprendere, certamente senza sconti, sarebbe irresponsabile. Però noi chiediamo che venga data una risposta alle attese di tanta gente».

 

«Una delle cose che ci sta più a cuore - sottolinea il sottosegretario Cei - è il congedo dei defunti. Non possiamo lasciare che una intera generazione, e i loro familiari, siano privati del conforto sacramentale e degli affetti, scomparendo dalla vita, e improvvisamente diventando invisibili. Ci deve essere la possibilità di celebrare i funerali, magari solo con i familiari stretti, non possiamo non essere vicino a chi soffre. Troppe persone stanno soffrendo perché la morte di un caro oggi è come un sequestro di persona, certo motivato, ma dobbiamo farci carico di questo dolore dal punto di vista umano oltre che cristiano».