È durato un mese e mezzo circa il periodo di detenzione domiciliare per Rocco Santo Filippone, ritenuto boss di ‘ndrangheta del territorio di Melicucco, centro della Piana di Gioia Tauro. Solo il 10 aprile scorso, a seguito dell’emergenza Coronavirus, Filippone aveva lasciato il carcere torinese “Le Vallette”.

Ora, per effetto del decreto del ministro Bonafede, che ha previsto la rivalutazione dei casi di scarcerazione legati all’emergenza Covid, per il presunto boss si aprono nuovamente le porte del carcere. Questa volta è la casa circondariale di Bari ad ospitarlo, dove grazie all’interessamento del Dap, l’uomo potrà trovare un’assistenza specialistica adeguata alle sue patologie.

Le accuse a Filippone

Rocco Santo Filippone, 72 anni, è accusato di essere uno dei mandanti degli agguati ai carabinieri in Calabria nel periodo delle stragi di mafia. In particolare sarebbe lui una delle menti dell’omicidio dei militari Fava e Garofalo. Filippone, infatti, è ritenuto uomo di fiducia del clan Piromalli e si trova imputato ora al processo “’Ndrangheta stragista”, con l’accusa di omicidio.

Sarebbe partito da lui l’ordine ai killer di fare fuoco, dopo aver avuto il via libera del gotha della cosca della Piana. E nel commando di fuoco vi fu proprio suo nipote, Giuseppe Calabrò, figlio della sorella di Filippone. Oltre, ovviamente, al pentito Consolato Villani. Due sicari che avrebbero portato a termine la loro missione di sangue consapevoli che quella non era un’azione sconclusionata, ma parte di una strategia molto più ampia. Accusa di omicidio che Filippone condivide con un pezzo da novanta di Cosa nostra siciliana, Giuseppe Graviano.

Le parole di Graviano ed il dietrofront

Questi, proprio nei giorni scorsi, ha interrotto un lungo esame che lo aveva portato a raccontare alcune importanti circostanze nel corso delle quali sarebbero maturati alcuni degli episodi più controversi dell’epoca stragista, che si intrecciano fortemente con la politica e l’imprenditoria di quegli anni. Tuttavia, dopo una serie di problematiche tecniche, relative alla possibilità di ascoltare correttamente le intercettazioni a suo carico, Graviano ha deciso di non proseguire l’esame, segnatamente per asserite difficoltà a poter spiegare alcune circostanze per lui fondamentali. Una motivazione che ha trovato la ferma opposizione della Corte presieduta da Ornella Pastore che, ad onor del vero, ha lasciato sempre massimo spazio a tutte le parti in considerazione proprio dell’importanza del processo.

Decreto incostituzionale?

Per Filippone, dunque, dopo un breve periodo di detenzione domiciliare, è tempo di tornare in cella. Almeno fino a quando non si capirà quale sarà il destino del decreto Bonafede, da più parti indicato come contenente profili d’incostituzionalità.