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E gli avvocati difensori Francesco Iacopino e Valerio Murgano del foro di Catanzaro non ci stanno e hanno depositano al Tribunale del riesame l'istanza di dissequestro di notebook, smartphone, sim card, libri e documentazione varia, scritti in lingua araba e in possesso degli indagati, portati via dagli uomini della Digos, sezione antiterrorismo, ritenendo che il contenuto degli stessi possa riferirsi ad attività di proselitismo o divulgazione di ideologie finalizzate all'arruolamento ad organismi di natura terroristica, anche internazionale. Non è la prima volta che persone appartenenti alla comunità islamica di Sellia Marina finiscono nel mirino di indagini della Divisione antiterrorismo. In più occasioni, peraltro, i servizi segreti italiani hanno individuato a Sellia Marina una cellula legata a presunte organizzazioni terroristiche di matrice islamica. E per questa ragione già in passato la comunità di Sellia era stata al centro di indagini della Procura calabrese, indagini che si erano però concluse con un nulla di fatto. In carcere erano finiti l'Imam, il figlio e un altro giovane magrebino, indagati per il delitto di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale. Ma i difensori degli indagati, gli avvocati Francesco Iacopino, Mariachiara Paone, Vittorio Platì e Vincenzo Galeota, giunti in Cassazione, erano riusciti a dimostrare l'insussistenza dell'ipotesi accusatoria. Gli indagati erano stati scarcerati e risarciti dallo Stato per un per un importo complessivo di 180mila euro, per l'ingiusta detenzione subita. A questo punto, la parola passa al Tribunale del riesame, che dovrà decidere la legittimità del sequestro, impugnato dai difensori Iacopino e Murgano.
Gabriella Passariello