Si era allontanato dalla politica Domenico Romeo, ma non rinunciava a intervenire sui giornali per difendere il proprio operato e criticare la legge sullo scioglimento per mafia dei consigli. Di professione bancario, l’ex sindaco arrestato stamattina condivide con un paio di amministratori italiani il triste primato di un doppio mandato sanzionato dallo Stato per infiltrazioni mafiose.

 

Romeo, che militava nelle file dell’Udc ed era vicino a Mario Tassone, fu sindaco nel 2007 e nel 2011. Un primo scioglimento, preceduto dalle dimissioni in massa dei consiglieri e dalla sospensione del civico consesso, che non gli impedirono di ricandidarsi nel primo turno utile dopo il commissariamento e tornare in Municipio, per finire anzitempo anche questa seconda consiliatura.

Costellata anche di attentati l’attività amministrativa, tra cui la macabra esecuzione di un cavallo, che gli inquirenti inquadrarono nell’assalto dei clan al Municipio. Romeo, all’indomani delle fucilate all’animale, fu intercettato mentre otteneva garanzie che uno del clan Zagari si sarebbe interessato ad aggiustare le cose. Un’accondiscendenza col sospetto di connivenza, che varrà anche una censura sull’affaire del cimitero di Jatrinoli, al centro dell’odierna inchiesta.

 

Un project financing per l’ampliamento del camposanto, che sarebbe stato voluto – dopo la proposta del predecessore Rocco Biasi – per favorire un’impresa in odore di mafia. Con Romeo è stato arrestato il suo assessore Francesco Sposato, parente degli imprenditori edili interessati a costruire senza progetto.