Lo ha stabilito il Consiglio di Stato. Il procedimento era stato avviato dalle amministrazioni di Acquappesa e Guardia Piemontese dopo il rifiuto dell’ente di restituirli
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Il Consiglio di Stato ha accolto gli appelli proposti dai Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese in merito alla sentenza del Tar Calabria riguardante i beni appartenenti al compendio idrotermale “Terme Luigiane”. Il procedimento era stato avviato da parte delle amministrazioni comunali a seguito del rifiuto della società di restituirli.
Il Tar
Più specificatamente il Tribunale amministrativo, all’esito di ben quattro giudizi azionati dalla società Sateca (dei quali tre dichiarati inammissibili e/o rigettati nel merito in primo grado), aveva accolto un solo ricorso. I dettagli sono contenuti in una nota dei legali Giuseppe Porzio e Valerio Zicaro nella quale si ricorda: «Il Tar Calabria aveva ritenuto, dunque, illegittima tale attività, ritenendo (erroneamente) valida ed efficace la proroga del termine di durata della subconcessione, quasi centenaria (un unicum a livello continentale), in favore della Società. Le Amministrazioni comunali, ritenendo la decisione di primo grado illegittima – e nonostante il rifiuto, da parte della Società, di eseguire, nelle more, la sentenza di primo grado – avevano proposto appello innanzi al Consiglio di Stato.
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Il ricorso dei Comuni
Gli enti rimarcavano «l’erroneità della sentenza per avere, sostanzialmente, riconosciuto il diritto vantato dalla Società alla prosecuzione delle proprie attività sulla scorta dell’implicita vigenza della proroga della subconcessione quasi centenaria in capo a Sateca». Al contempo la sentenza «la sentenza avrebbe ritenuto erroneamente che quegli accordi attribuissero alla Società il diritto di continuare a svolgere le proprie attività anche oltre la data del 31 dicembre 2020, qualora le procedure di scelta del nuovo contraente avessero ecceduto tale data, rispondendo ciò a finalità anche di interesse pubblico, quali la prosecuzione della gestione del servizio pubblico».
La sentenza
I giudici di Palazzo Spada, condividendo in pieno le tesi dei Comuni appellanti, hanno dunque affermato l’insussistenza di qualsivoglia legittimazione in capo a Sateca «a continuare a detenere i beni del compendio termale anche successivamente alla scadenza della concessione». Tenuti in considerazione due aspetti: l’illegittimità della proroga emessa «alla scadenza del termine di efficacia dell’atto da prorogare» e al contempo «facendo applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza europea e amministrativa e, da ultimo, dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato sulla temporaneità delle concessioni».