L’imprenditore è scampato all'omicidio nel 2017 perché la pistola del killer si è inceppata. Aveva testimoniato contro la cosca Crea nel 2009. Suo figlio è stato ucciso mentre usciva da una pizzeria
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La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro persone coinvolte nel tentato omicidio dell’imprenditore di Rizziconi Pasquale Inzitari. Si tratta di Michelangelo Tripodi, 45 anni, di Vibo Valentia, Francesco Candiloro, 44 anni, di Polistena, Antonio Domenico Scarcella, 56 anni, calabrese residente in provincia di Brescia, e Gianenrico Formosa, 52 anni, della provincia di Brescia. L’agguato è avvenuto il 25 luglio del 2017 nel parcheggio del centro commerciale “I portali” di Corigliano, dove l’imprenditore ha delle attività economiche.
Scampato all’agguato
Mentre due uomini col volto travisato e in sella a una moto esplodevano nei suoi confronti dei colpi di pistola, Pasquale Inzitari è riuscito a scappare rifugiandosi all’interno del centro commerciale. Ha avuto buona sorte anche perché la pistola del killer si è inceppata.
A raccontare i particolari di questo agguato è stato uno dei gli imputati, Gianenrico Formosa, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia.
L’11 agosto 2023 i carabinieri hanno tratto in arresto gli attuali imputati.
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La testimonianza contro i Crea e l’omicidio del figlio
La colpa che Pasquale Inzitari doveva espiare era quella di avere testimoniato, nel 2009, contro la cosca Crea di Taurianova.
Un colpo al cuore, in realtà l’imprenditore lo aveva già ricevuto: a dicembre 2009 gli avevano ucciso il figlio Francesco, un ragazzo di appena 18 anni falciato da colpi di pistola esplosi quasi tutti contro il suo volto. Era appena uscito da una pizzeria alla periferia di Taurianova.
L’agguato organizzato a Brescia
Se l’omicidio del giovane Francesco Inzitari è ancora senza colpevoli, la Dda di Catanzaro vuole chiudere il cerchio sull’agguato ai danni del padre. Secondo le accuse formulare dal procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla, dall’aggiunto Giancarlo Novelli e dal pm distrettuale Stefania Paparazzo, l’omicidio sarebbe stato programmato da Scarcella e Candiloro in quel di Brescia. I due avrebbero offerto denaro a Formosa perché accompagnasse Candiloro a compiere l’omicidio in Calabria dove li aspettava Michelangelo Tripodi.
Arrivati a Corigliano Rossano, dopo un primo sopralluogo davanti al centro commerciale in cui lavorava Inzitari, Tripodi si presenta con un furgone bianco. Dentro c’è lo scooter, destinato a un raid veloce e destinato a tornare dentro il furgone, lontano da occhi indiscreti.
La richiesta estorsiva da 800mila euro
Fondamentali per formulare le accuse sono state le dichiarazioni del collaboratore ma anche la denuncia della vittima: Il giorno del suo mancato omicidio, Pasquale Inzitari parla coi carabinieri. Racconta ai militari di lavorare nel centro commerciale di Schiavonea, in un attività di cui era proprietaria la moglie. Dice che la società si trova in amministrazione giudiziaria da quando «abbiamo denunciato presso la Dda di Reggio Calabria un tentativo di estorsione ai nostri danni attuato da una famiglia mafiosa locale i “Crea” che nel momento in cui stavamo realizzando il centro commerciale in Rizziconi, abbiamo ricevuto una richiesta estorsiva pari a 800mila euro».
La sua denuncia porta all’arresto di Domenico Crea, figlio del capo cosca Teodoro Crea, da parte della Squadra Mobile di Reggio Calabria. E da quel momento l’imprenditore non ha più avuto pace.