Per i magistrati della Dda Donelli veicolava messaggi in carcere per conto del clan Tripodi. Il boss le chiese di incontrare un detenuto per mafia il giorno dopo l’arresto
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L’amicizia tra suor Anna e il “santista” occupa poche pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto di 25 persone nel Bresciano. A causa di quel rapporto e dei «gravi indizi di colpevolezza» individuati dal gip, la religiosa è finita ai domiciliari.
Sono le intercettazioni, secondo i magistrati della Dda di Brescia, a dare consistenza all’ipotesi che «una suora veicolava comunicazioni all’interno del carcere per conto di Tripodi». Tripodi sarebbe Stefano, uno dei capi della presunta cosca attiva nel Bresciano e – anche – in carcere, proprio grazie all’aiuto che avrebbe offerto Anna Donelli, religiosa per la quale l’accusa è gravissima: «Era a disposizione del sodalizio». Sarebbe stata lei a garantire «il collegamento con i sodali detenuti in carcere» e a fare da intermediaria «approfittando dell’incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie».
Stefano Tripodi, che avrebbe appunto la dote di “santista”, spiega – in uno dei colloqui intercettati – che «suor Anna va là e parla con i carcerati e lui (Iaria, un altro degli uomini coinvolti nell’inchiesta, ndr) l’aveva conosciuta qua e l’ha incontrata in carcere e ci mandava sempre i saluti». Tripodi, sottolineano gli inquirenti, «giunge persino ad affermare che la suora “è dei nostri”».
È sempre Stefano Tripodi a riferirsi in maniera specifica «a un “monaca” o religiosa che, all’interno delle carcere di Milano e Brescia, avrebbe con lo stesso Tripodi “un patto”; Tripodi, infatti, riferiva di aver inviato la citata “monaca” a una persona che era detenuta e che aveva litigato con altro detenuto vicino a Tripodi (per famiglia)».
Nell’inchiesta c’è anche un dialogo tra Tripodi e Donelli, «in cui l’uomo chiedeva alla religiosa di incontrare Francesco Candiloro (detenuto per reati di criminalità organizzata) nel carcere di Brescia e di stare con lui fino al momento in cui non fosse presente nessun altro, per comunicare a Candiloro che lei era “l’amica di Stefano”».
Per gli inquirenti, in particolare, è «significativo che l’invio della religiosa veniva richiesto da Tripodi all’indomani dell’arresto di Candiloro medesimo».
In effetti, sei giorni dopo, Donelli torna a parlare con i Tripodi. E i due «nell’occasione indicavano la religiosa come la “suora che lavora al carcere” e affermavano “se ti serve qualcosa dentro è dei nostri”».
La suora è anche «presente nel corso di alcuni incontri (…) nel corso dei quali Stefano Tripodi si fa vanto della propria capacità intimidatoria ed esprime apprezzamenti sulla crescita di Andrea Costante (altro indagato, ndr) riferendo a Donelli che avrebbe insegnato a sparare al ragazzo per mandarlo a fare delle rapine».
C’è un altro passaggio che i magistrati antimafia valorizzano nell’ordinanza di custodia cautelare: la suora, infatti, avrebbe espresso «la propria personale consapevolezza del potere della famiglia Tripodi quando descrive a Stefano Tripodi l’incidente avuto da una nipote della religiosa e riferisce di aver tranquillizzato la ragazza dicendo che avrebbe pensato lei alla vicenda tramite i suoi amici».