Dall’inizio dell’anno sono stati registrati tra i detenuti delle prigioni italiane 39 suicidi e 91 decessi per altre cause, a cui si aggiungono quattro suicidi tra il personale della Polizia penitenziaria. Una problematica denunciata a più riprese dall’Unione Camere Penali Italiane che in tutto il Paese ha promosso una maratona oratoria per sensibilizzare l’opinione pubblica sul drammatico fenomeno. A Cosenza l’invito è stato raccolto dalla Camera Penale intitolata a Fausto Gullo e presieduta da Roberto Le Pera. La manifestazione si è svolta davanti Palazzo dei Bruzi ed ha registrato la partecipazione, tra gli altri, anche del sindaco Franz Caruso e della presidente della Commissione legalità del Comune Chiara Penna, entrambi avvocati penalisti.

Una vittima ogni tre settimane

"Diamo voce a tutti coloro che non possono parlare" lo slogan dell’iniziativa. Nel complesso sono oltre 4.500 vittime negli ultimi trent’anni, in media una ogni tre settimane. Segnale di un malessere radicato dietro le sbarre: «Bisogna richiamare l’attenzione su un tema che registra pochi interventi da parte della politica – ha detto il garante regionale dei detenuti Luca Muglia - L’emergenza è sotto gli occhi di tutti, al di là della carenza di organici, segnalata in ogni sede. C’è un vertiginoso aumento di eventi critici che riguarda i detenuti, la polizia penitenziaria ed anche i medici impegnati nell’assistenza ai reclusi. Le condizioni di vita nelle carceri sono ormai intollerabili». Muglia ha poi parlato delle carenze strutturali degli istituti, anche sotto il profilo igienico-sanitario per le condizioni dei bagni. E della mancanza di risorse destinate al reinserimento rieducativo dei reclusi: «Fa ribrezzo – ha detto - il fatto che, e non accade certo da poco tempo, una persona detenuta costa allo Stato circa 150 euro al giorno e di questa somma solo pochi centesimi sono destinati al reinserimento sociale».

Costituzione inapplicata

«Se il carcere deve tendere realmente all’umanizzazione ed al recupero dell’uomo ci chiediamo perché oltre il settanta percento di coloro che entrano nel circuito penitenziario, compresi gli incensurati arrestati per reati minori, non riesce più ad uscire da questo circolo infernale – ha chiosato Valentina Spizzirri, componente dell’osservatorio carcere dell’Unione Camere Penali Italiane – Per cui o si muore, o si torna a delinquere. Per cui è di tutta evidenza che il carcere non svolge la funzione per cui è preposto in base alle norme costituzionali».