Fine pena mai per Cosimo Donato e Faustino Campilongo. È la sentenza della prima sezione penale della Corte di Cassazione che questa mattina ha confermato la sentenza di secondo grado emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro. I due imputati erano accusati di aver partecipato alla strage di Cassano, avvenuta nel 2014 in una periferia della cittadina della Piana di Sibari, dove furono uccisi e bruciati Giuseppe Iannicelli senior, il piccolo Cocò Campolongo e una ragazza di origini marocchine, fidanzata del nonno del bimbo.

Un processo che termina com’era iniziato. Prove schiaccianti contro Donato e Campilongo, ritenuti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, ostili a Giuseppe Iannicelli senior, il quale avrebbe voluto allargare il suo traffico di droga anche nei comuni di Firmo e Lungro, zone che i due imputati presidiavano per quanto riguarda lo spaccio di sostanze stupefacenti. Ma su questa storia giudiziaria non è stato detto tutto. È certo che ad uccidere le tre vittime non sono stati i due imputati, come recitano le due sentenze, ma soggetti allo stato non identificati. Stessa cosa vale per i mandanti, al momento sconosciuti.

Tutti gli sforzi dell’autorità giudiziaria, dunque, dovranno essere proiettati alla ricerca degli altri responsabili del triplice omicidio di mafia. Ricordiamo che Papa Francesco, quando scese in Calabria, celebrando messa nella Sibaritide, aveva scomunicato i mafiosi, invitando i killer a pentirsi. Ad oggi questo non è avvenuto. Le parti civili erano rappresentate dagli avvocati Liborio Bellusci e Angela Bellusci, mentre il collegio difensivo era composto dai penalisti Vittorio Franco, Ettore Zagarese e Mauro Cordasco.