Una mutazione genetica che aveva condotto negli anni la locale di ‘ndrangheta dei Farao-Marincola di Cirò ad abbandonare attentati ed azioni violente dirottando le proprie mire verso più vantaggiosi investimenti in attività economiche. È lo stesso boss ergastolano Giuseppe Farao ad impartito dal carcere le indicazioni ai sodali. Un impero con base operativa nell’area di Cirò e Cirò Marina ma ramificata al punto da assoggettare anche due ‘ndrine satelliti - quella di Casabona anch’essa operante nel Crotonese e facente capo a Francesco Tallarico e quella di Strongoli retta dalla famiglia Giglio – oltre a poter contare su presidi territoriali nelle regioni del nord Italia e della Germania, dove venivano gestite attività commerciali e imprenditoriali, frutto di riciclaggio e reimpiego dei capitali illecitamente accumulati. Diretta espressione di Giuseppe Farao erano i figli e i nipoti mentre il controllo mafioso del territorio era stato invece affidato ad una serie di reggenti, fedelissimi del capo cosca e costantemente impegnati a reperire nuovi e sempre più remunerativi canali di investimento economico. Il quadro emerso dalle indagini condotte dal comando provinciale dei carabinieri di Crotone e coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro è impressionante. Il gruppo controllava in maniera capillare ogni attività economica del territorio.

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La produzione e distribuzione dei prodotti da forno

I commercianti al dettaglio cirotani venivano costretti ad acquistare solo il pane prodotto dal forno di uno dei sodali e, nel contempo, gli altri concorrenti, mediante minacce, venivano allontanati dal territorio. Con identico modus operandi, il sodalizio si era infiltrato anche nella gestione di servizi funebri mediante la creazione di un’agenzia ad hoc.

Il commercio dei prodotti vinicoli

Sia in Italia che in Germania è stata accertata l’operatività di un’articolazione della locale, in particolare nel land del Baden Wurttemberg e nel land dell’Assia, che sistematicamente riusciva ad esercitare pressioni, specie sui ristoratori calabresi presenti in territorio tedesco, al fine di indurli ad acquistare i prodotti vinicoli di imprese controllate dal sodalizio (così come di altri prodotti alimentari riconducibili ad attività commerciali/imprenditoriali infiltrate dalla cosca), agendo dietro la copertura di un’associazione di ristoratori italiani.

I rifiuti e i porti

Sotto il controllo della cosca erano finite poi le attività di raccolta e riciclo di materie plastiche e della carta, nonché della raccolta dei r.s.u., anche grazie a una serie di complicità di pubblici amministratori; dei servizi di rimessaggio, lavaggio, attracco e riparazione delle barche e degli spazi portuali di Cirò e Cariati, nonché dell’offerta di pescato proveniente dalla flotta peschereccia stanziale nei citati porti e del servizio di lavanderie industriali in favore delle strutture alberghiere e dei ristoranti della zona.

Il controllo delle attività in Germania

Le infiltrazioni in territorio tedesco hanno disvelato l’esistenza di una cellula operativa a Francoforte, Wiesbaden, Monaco e Stoccarda dove si sono monopolizzate con metodo ‘ndranghetistico le forniture di vino, prodotti caseari, olio e semilavorati per pizze. I risultati raggiunti hanno consentito di ottenere 13 ordinanze di custodia cautelare a carico di soggetti stabilmente dimoranti in Germania che sono stati tratti in arresto in esecuzione di m.a.e.

Collusione con le pubbliche amministrazioni

Inoltre, è stato documentato il controllo e l’ingerenza mafiosa, grazie alla collusione di appartenenti alle amministrazioni pubbliche locali, anche nel settore dell’accoglienza dei migranti, dove è stata disvelata la riconducibilità alla cosca di una struttura immobiliare, adibita a centro di accoglienza profughi, gestita da una serie di cooperative compiacenti, i cui rappresentanti fungevano da collegamento con gli enti pubblici per ottenere finanziamenti e autorizzazioni. In tal senso, il sodalizio otteneva sostanzialmente in esclusiva per le proprie ditte, la fornitura di beni e servizi ai migranti, accrescendo ulteriormente i propri introiti – destinati alla cosiddetta “bacinella” - grazie anche al sistematico ricorso a fatturazioni gonfiate. Attraverso poi imprese mafiose collegate e una serie di violenze e minacce nei confronti degli imprenditori concorrenti, l’organizzazione riusciva a pilotare le aste pubbliche per l’assegnazione di lotti di terreno boschivo. Infine, sono state accertate ulteriori attività illecite riguardanti sia l’operatività di una serie di imprese controllate o riconducili alla cosca, deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti finalizzate a frodare l’Iva e ripulire denaro di illecita provenienza, sia relative a un traffico transnazionale di autoveicoli di grossa cilindrata.

 

Luana Costa