La sentenza individua un danno erariale di oltre 4 milioni di euro. La figura chiave era di Salvatore Mazzeo, “soggetto attuatore” per l’accoglienza dei profughi. I giudici: «Regalie per alcune cooperative coinvolte e costi eccessivi per lo Stato»
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La contestazione della Guardia di finanza risale al 2021 e riguarda la gestione dei centri di accoglienza dei migranti nella Regione Calabria per il periodo che va da aprile 2011 e dicembre 2012. A 13 anni dai fatti evidenziati nel primo provvedimento di “invito a dedurre” arrivano condanne per 26 persone e diverse società cooperative impegnate in quegli anni nella gestione dell’accoglienza. Tutti condannati a risarcire la Presidenza del Consiglio dei ministri per una cifra complessiva che supera i 4 milioni di euro. Il danno erariale ipotizzato in partenza era di oltre 5 milioni, derivante da presunte irregolarità negli affidamenti. Erano coinvolti funzionari, amministratori locali e cooperative. Figura chiave dell’indagine contabile era Salvatore Mazzeo, ai tempi dirigente del settore Protezione civile della Regione Calabria, nominato soggetto attuatore, cioè delegato alla gestione dell’emergenza profughi. E poi sindaci e componenti delle giunte dei Comuni di Acquaformosa, Riace e Caulonia. Tra questi anche Mimmo Lucano, tornato di recente sindaco del borgo dell’accoglienza ed eletto al Parlamento Europeo. Anche Lucano, così Ilario Ammendolia (all’epoca sindaco di Caulonia), è stato condannato – in solido con Mazzeo, componenti della sua vecchia giunta comunale e rappresentanti delle cooperative – a risarcire la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Non si ipotizzano illeciti arricchimenti da parte degli amministratori locali. Il nodo dell’analisi della magistratura contabile è l’affidamento di servizi per l’accoglienza a operatori esterni (passaggio obbligato visto le difficoltà in cui versavano e versano i piccoli Comuni) a cifre troppo elevate. O, quantomeno, più elevate rispetto a quelle decise da precedenti delibere di giunta.
L’istruttoria della Corte dei conti è partita da una segnalazione di danno della Guardia di finanza di Paola: un’indagine su un centro di accoglienza di Amantea nel corso della quale sarebbe stata riscontrata «una indebita erogazione di fondi a soggetti non legittimati». Figura chiave degli approfondimenti è Salvatore Mazzeo, autorizzato come “soggetto attuatore” degli interventi per l’emergenza Nord Africa a stipulare convenzioni per fornire assistenza ai migranti e ai profughi, anche tramite associazioni, enti e comuni, «con un contributo giornaliero massimo per migrante fino a 40 euro (o maggiore per alcune categorie protette)». Questo contributo, in seguito portato fino a 46 euro al giorno, era «condizionato a una serie di requisiti formali e regole procedimentali».
Secondo la Guardia di finanza «vi erano state diverse irregolarità nella gestione delle convenzioni tra soggetto attuatore e contraenti» e la Procura regionale della Corte dei conti «desumeva che l’emergenza migranti nella Regione Calabria era stata oggetto di un accordo illecito tra Mazzeo e i rappresentanti dei soggetti privati o pubblici che – senza effettuare una gara anche informale e senza avere i requisiti e garantire le prestazioni stabilite nei provvedimenti emergenziali – avevano ottenuto l’affidamento del servizio di assistenza». Conseguenza: «avevano percepito “compensi e remunerazioni non dovuti ed esorbitanti rispetto ai servizi offerti e alla condizioni previste nei diversi provvedimenti emanati per regolamentare la materia”».
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Il caso dell’hotel di Rogliano
In uno dei casi, quello che riguarda la cooperativa Le Rasole, l’accusa sottolinea che l’offerta per l’accoglienza dei profughi, arrivata il 12 aprile 2011, segnalava l’esistenza di 300 posti «da subito disponibili» nel comune di Rogliano. Quella disponibilità, però, sarebbe stata «fittizia». In primo luogo perché alla data dell’offerta, Le Rasole «non aveva la disponibilità» di quella struttura (un hotel di Rogliano) «che risultava acquisita solo dopo l’8 agosto 2011, quando l’impresa immobiliare proprietaria l’affittava per 15mila euro mensili» alla coop. Altra anomalia: quell’albergo «poteva ospitare 80 persone e di fatto poteva ospitarne al massimo 150 circa» e non 300. Le indagini sono piene di casi simili: l’inchiesta si svolge proprio su questo filo sottile e si chiede se qualcuno abbia lucrato sull’emergenza umanitaria alterando le procedure o indirizzandole per favorire le società che aveva fiutato il business.
La «mera regalia» per le cooperative
La condanna più pesante, oltre 800mila euro, riguarda la vicenda del consorzio di cooperative Calabriaccoglie. In quel caso, «la gestione del servizio fu oggetto di affidamento diretto alla cooperative prima ancora della nomina» di Mazzeo «come soggetto attuatore e delle direttive commissariali». Le cooperative si sono difese spiegando che la «procedura in deroga non era dovuta a un accordo fraudolento ma era stata imposta dalla particolare situazione emergenziale, e comunque era stata preceduta da una ricerca di mercato prima dell’affidamento diretto». Versione che non ha convinto i giudici contabili (il giudizio penale, invece, si è concluso con l’archiviazione perché le scelte effettuate sono state ricondotte alla situazione emergenziale). Alle cooperative sarebbe stato concesso il massimo compenso possibile, scelta considerata «del tutto irrazionale e ingiustificata, una mera regalia senza giustificazione giuridica o economia: sia per i costi sostenuti dalla struttura, sia per le condizioni dell’ospitalità, di certo non ottimali».
Il caso Riace nella sentenza della Corte dei conti
Il caso Riace occupa una parte consistente della sentenza. I giudici riconoscono le responsabilità contabili del sindaco (ora come allora) Domenico Lucano ma precisano che non c’è «prova di una intesa truffaldina» tra il politico e il manager regionale Mazzeo. Lucano e il Comune venivano contattati direttamente dalla Protezione civile per ospitare i migranti, «non per personali rapporti o accordi con Mazzeo, ma in quanto facevano già parte del sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) per l’ospitalità di profughi». Nonostante non ci sia alcun accordo è tuttavia «ben possibile configurare un dolo»: secondo i giudici l’iter seguito per dare risposta all’emergenza sarebbe stato «dannoso per l’Erario», frutto cioè di «grave negligenza». La difesa eccepisce che «tutte le eventuali illegittimità non sarebbero imputabili ai convenuti ma semmai ad un concorso di colpa del soggetto danneggiato (la protezione civile) che da un lato, aveva emesso ordinanze presidenziali e indicazioni operative (sopra citate) in contrasto tra loro ed oscure, dall’altro non aveva in alcun modo provveduto alla vigilanza sul sistema evitando eventuali illegittimità».
Considerazione che la Corte dei conti non considera sufficiente: «La ricostruzione della vicenda dimostra che non vi era alcun fraintendimento possibile, in quanto le ordinanze emergenziali prevedevano un incarico diretto dal soggetto attuatore all’affidatario del servizio, e la convenzione tra soggetto attuatore e il Comune ribadiva il concetto, qualificando il Comune “ente gestore”, affidando direttamente a tale ente la gestione del servizio e vietando il subappalto a terzi (se non per servizi espressamente indicati), proprio per consentire al Soggetto attuatore la selezione dei soggetti incaricati. Pertanto, il fatto che, da un lato, il Comune abbia approvato tale convenzione se non aveva le risorse, e poi proceduto all’affidamento del servizio a privati nonostante la convenzione, dall’altro, il Soggetto attuatore fosse a conoscenza di questo sistema di gestione senza nulla osservare, non rende di per sé lecita né giustifica la condotta dei convenuti, ma semmai la aggrava, dimostrando una precisa volontà di eludere il sistema delineato dalle ordinanze emergenziali, spostando dal Soggetto attuatore al Comune l’individuazione degli affidatari del servizio».
I giudici contabili considerano «dolosa» la condotta di Mazzeo rispetto ai contratti siglati con le cooperative. E «analogamente dolosa deve ritenersi la condotta di Lucano, in quanto egli aveva prima sottoscritto (ed approvato con la delibera di giunta numero 7 del 2010) la convenzione del 2010 per l’assistenza ai rifugiati palestinesi, in cui si concordava un minor compenso di 35 euro al giorno, poi sottoscritto la convenzione del 4 luglio 2011 controversa in questa sede, in cui si concordavano compensi molto maggiori, di 40 ed 80 euro al giorno; quindi, egli aveva approvato (con la delibera di giunta n. 46/2011) detta convenzione, contestualmente stabilendo (in evidente violazione di quest’ultima) una gestione indiretta del servizio dei migranti con affidamento dello stesso a soggetti privati (non si sa come selezionati, e per lo più privi di esperienza specifica), alcuni dei quali già si occupavano della gestione dei rifugiati in base alla delibera del 2010. Infine, in fase esecutiva, era Lucano che fungeva da responsabile nei confronti del Soggetto attuatore, cui venivano trasmesse le ricevute delle società recanti il compenso indebitamente maggiorato, e recente anche una maggiorazione per “posti a disposizione” non previsti in convenzione».
«Tali condotte – viene sottolineato in sentenza – dimostrano una precisa coscienza e volontà di locupletare indebitamente i privati sub-affidatari, in fase tanto di stipula quanto di esecuzione della convenzione. In conclusione, anche nei suoi confronti di questo convenuto sussistono tutti i presupposti della responsabilità amministrativa (rapporto di servizio, condotta antigiuridica e dolosa causa del danno), onde il Lucano va condannato al pagamento di tutto il danno sopra accertato (531.327,65 euro)».
La decisione della Corte dei Conti
Condanna Salvatore Mazzeo, Le Rasole società cooperativa sociale, Caterina Spanò, Giuseppe Sera, Daniela Ferrari, al pagamento in solido di 516.592,90 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Carmine Federico, Carlo Berardini, Promidea Società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, Centro di solidarietà Il Delfino società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, Calabriaccoglie Consorzio di cooperative sociali in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in solido di 830.286,92 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Carmine Federico, Promidea Società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in solido di 58.650 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Carlo Berardini, Centro di solidarietà Il Delfino società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in solido di 58.650 euro, in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Zingari 59 Società Cooperativa Sociale a r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, Vincenzo Pati, Annamaria Costabile, Annamaria Marani al pagamento in solido di 453.988,83 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Coriss Cooperative Riunite Socio Sanitarie, in persona del legale rappresentante pro-tempore, e Salvatore Maesano al pagamento in solido di 70.779,23 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Agorà Krotone Cooperativa sociale e Lumeno Pino Piero De Lucia al pagamento in solido di 22.969 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Nuovi Orizzonti società cooperativa sociale in persona del legale rappresentante pro tempore, Silvestro Raso e Luisa Scalise al pagamento in solido di 389.432,85 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Società cooperativa Sociale Archè, in persona del legale rappresentante protempore, e Francesco Giordano al pagamento in solido di 333.071,18 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, la Associazione Arci Riace Stignano e Cosimo Damiano Musuraca al pagamento in solido di 103.688,46 euro, in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo e Domenico Lucano, in solido tra loro e con i convenuti Cesare e Rullo, al pagamento di complessivi 531.327,65 euro, ivi comprese le somme oltre specificate a carico di questi ultimi, in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Antonio Rullo al pagamento di 336.575,79 euro in solido con Salvatore Mazzeo e Domenico Lucano, in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Maria Immacolata Cesare al pagamento di 131.566,96 euro in solido con Salvatore Mazzeo e Domenico Lucano, in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Giovanni Nisticò al pagamento di 117.035,66 euro, a titolo di colpa grave e in via sussidiaria rispetto a Mazzeo, Lucano, Rullo e Cesare, in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo, Giovanni Manoccio e Pasquale Fragale al pagamento in solido di 7.765,38 euro in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Gennaro Capparelli al pagamento di 1.941,34 euro, a titolo di colpa grave e in via sussidiaria rispetto Mazzeo, Manoccio e Fragale, in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna Salvatore Mazzeo e Ilario Ammendolia al pagamento in solido di 204.434,15 euro, in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Condanna i convenuti Francesco Cagliuso, Antonio Cavallo e Giovanni Riccio, a titolo di colpa grave ed in via sussidiaria rispetto a Mazzeo ed Ammendolia, al pagamento di 36.606,83 euro ciascuno in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri.