È stata denominata “Open Gates” l’operazione che ha fatto luce su un intenso traffico di droga, cellulari e sim card all’interno del carcere “Ugo Caridi” di Catanzaro. I cancelli erano spalancati, dimostra l’inchiesta condotta dal comando provinciale dei carabinieri e dal Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, anche grazie alla complicità di numerosi pubblici ufficiali. Tra questi, non ultime, l’ex direttrice della casa circondariale, Angela Paravati, e l’ispettore Simona Poli, entrambe tradotte in carcere, tra le altre cose, con l’accusa di concorso esterno in associazione per delinquere perché avrebbero favorito il sistema che si era venuto a creare.

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Favori in cambio di denaro

Settantasei, in tutto, gli indagati. Di questi, 16 sono pubblici ufficiali.
È stato condotto in carcere anche Maurizio Corasaniti, 54 anni, di Catanzaro, assistente capo del corpo di polizia penitenziaria. Corasaniti sarebbe stato organizzatore nelle due associazioni nate nell’istituto penitenziario, una dedita all traffico di droga e l’altra allo smercio di telefonini e sim card. Viene descritto come «dedito all’uso di sostanze stupefacenti, utilizzatore di una molteplicità di utenze telefoniche, con le quali curava i contatti con i familiari di numerosi detenuti». Avrebbe avuto con il compito fondamentale per l’associazione di introdurre all’interno del carcere droga, cellulari e sim card che consegnava ai detenuti in cambio di denaro che veniva versato su due carte postepay a lui riconducibili.

«Non tratto telefoni», ma poi…

Quando gli viene chiesto di far entrare anche telefoni cellulari, in una occasione lui rifiuta: «No tel non li tratto mi dispiace», afferma. E specifica: «Fumo oppure bianca», è solo quello il suo commercio.
In realtà risulta che a gennaio 2022, i cosentini Giada Pino e Angelo Pino avevano procurato cellulari e schede telefoniche consegnate poi a Maurizio Corasaniti che a sua volta aveva fatto in modo di farle avere al detenuto Riccardo Gaglianese. Dalle indagini è risultato che Corasaniti sia partito da Soverato e arrivato a Cosenza. Qui, intorno a mezzogiorno, è arrivata una donna che ha aperto la portiera dell’auto di Corasaniti, lasciando sul lato anteriore passeggero una busta di colore avorio. Dai controlli risulta, sostiene l’accusa, che quella donna è Giada Pino.
Quello stesso pomeriggio Corasaniti ha il turno pomeridiano «e recapita a Gaglianese quanto consegnatogli dalla moglie del detenuto».
Una consegna andata a buon fine visto che Gaglianese, a marzo 2022 chiede nuovamente al pubblico ufficiale di introdurre altri telefoni cellulari all’interno della casa circondariale di Catanzaro.

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Soldi e un «regalo di bianca»

Tutta l’indagine parte proprio dal pubblico ufficiale lui, da un’annotazione proveniente dalla casa circondariale nella quale si faceva presente che all’interno della struttura si spacciava col favore dell’assistente capo del corpo di polizia penitenziaria.
Per ritirare la merce da introdurre nel carcere, Corasaniti incontra spesso Giada Pino. In alcuni casi, il gancio tra l’ufficiale e i detenuti era Abdelilah Fanine, un detenuto che aveva mansioni di lavorante all’esterno.
In cambio Corasaniti ottiene denaro e cocaina. «Un regalo di bianca», gli offre un’altro indagato, Stefano Mattarello per accelerare i tempi di consegna della merce.
In un’altra occasione, per una consegna, l’agente chiede come compenso: «1500 subito ricarica Postepay domani, più 15 gr di bianca insieme alpacca dei cell».
Alle proteste per la cifra troppo esosa, rilancia: «Allora 700 euro più 7 gr ultima offerta. Ti ho fatto tutto a meta prezzo non scendo di più». Anche perché, dice, «Io rischio il posto».