Tra le contestazioni della Procura di Catanzaro a L’Arocca e Grande anche una verifica mai eseguita e un firma falsa. Nelle carte l’interesse dei rom sull’appartamento e il ruolo centrale di Celi, dominus al quale tutti si rivolgono
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Una verifica mai effettuata affinché l’assegnazione illegittima di un appartamento popolare andasse a buon fine. A due vigili urbani di Catanzaro vengono contestati i reati di falso materiale e falso ideologico. I due, Ivan L’Arocca e Giuseppe Grande, indagati nell’inchiesta della Procura di Catanzaro sulla gestione privatistica degli alloggi popolari, avrebbero attestato falsamente di avere compiuto una verifica riguardo alla effettiva residenza di Andrea Curcio, parente di L’Arocca.
Ma facciamo un passo indietro.
Un cambio di residenza che scatena una bagarre
L’autorizzazione all'ampliamento del nucleo familiare è una delle tecniche adoperate, è scritto nei brogliacci dell’inchiesta, per assegnare illecitamente le abitazioni popolari da parte di un gruppo di funzionari Aterp, supportati da corruttori privati, esponenti politici e pubblici ufficiali. Nel caso in esame due vigili urbani.
La vicenda prende piede quando una donna, Teresa Mancuso, chiede di cambiare abitazione perché quella assegnata non è più funzionale alle sue esigenze.
La prassi vuole che, in caso di un cambio di residenza, l’appartamento venga restituito all’Aterp e rimesso a disposizione del Comune di Catanzaro che, in base alla graduatoria, lo può riassegnare ad altre persone.
In realtà, secondo l’accusa, la signora Mancuso si sarebbe accordata con tale Cesare Curcio per dare l’appartamento al figlio Andrea Curcio, in barba alla graduatoria. In questo caso lo strumento usato è quello dell’ampliamento del nucleo familiare: Andrea Curcio avrebbe dovuto spostare la residenza nell’abitazione di Teresa Mancuso la quale spostandosi nella nuova casa avrebbe lasciato la sua vecchia abitazione a Curcio che doveva restare unico membro del nucleo familiare.
Il ruolo dei vigili urbani
Ma in questo caso la convivenza dichiarata non risponde a nessuno dei requisiti previsti dalla legge: matrimonio, parentela, affinità o una stabile e duratura convivenza. Qui non c’è nessuna parentela e tanto meno c’è stata una convivenza perché Andrea Curcio non ha mai abitato lì.
Tra l’altro, lo spostamento della residenza di Andrea Curcio nell’appartamento di Mancuso doveva essere subordinato alla verifica, da parte dei vigili urbani, del fatto che l’indagato abbia effettivamente vissuto in quell’appartamento.
E questo atto sarebbe stato falsamente redatto dai vigili L’Arocca e Grande dopo che Cesare Curcio, padre di Andrea, ha interessato della cosa il cognato Ivan L’Arocca.
Un atto nel quale la stessa firma di Teresa Mancuso viene ritenuta falsa.
L’appartamento che fa gola a molti
All’appartamento, però, sono interessate anche altre persone come l’indagato Domenico Bevilacqua e altre persone di etnia rom che avrebbero offerto a Mancuso i classici 5000 euro per accaparrarsi l’appartamento. Interesse di Bevilacqua era quello di sistemare la figlia. L’uomo è insistente. Parla con il funzionario Aterp Vincenzo Celi e questi gli suggerisce due strade: o fa come fanno a Crotone (con le maniere forti, minacciandola) o le fa un regalo (mimando il gesto dei soldi).
In seguito alle pressioni subite, Mancuso avvisa Cesare Curcio il quale promette altre 200 euro e l’interessamento del cognato vigilie urbano per la questione della residenza.
Soprattutto, Curcio afferma di volersi rivolgere a Celi – considerato vero dominus del sistema Aterp – per mettere a posto Bevilacqua.
Pochi indizi sulla corruzione, gravi indizi sul falso
In conclusione, il gip sostiene che, per quanto significativo del funzionamento di tutto il sistema corruttivo, in questo episodio in particolare non vi è prova della percezione, da parte dei pubblici ufficiali, di una qualche utilità. Anche perché l’illecito non è andato in porto.
Quello che emerge, scrive il giudice, sono i gravi indizi di colpevolezza riguardo ai reati di falso contestati ai due vigli urbani L’Arocca e Grande i quali avrebbero attestato di aver compiuto una verifica mai eseguita per favorire il cognato di L’Arocca.