«Immediata rimozione dell’articolo», «riformulazione» o «ampia motivata e dettagliata rettifica, sempre previa rimozione del contenuto fortemente diffamatorio e potenzialmente calunnioso dell’articolo». Beccato in giro al Nord in piena emergenza coronavirus, Giovanni Siclari, sindaco sospeso di Villa San Giovanni, si fa decisamente prendere dalla fretta e finisce per aggravare con le sue stesse parole un quadro che già di per sé non faceva onore ad un amministratore (o ex) che dovrebbe essere uso a subordinare le esigenze private alle utilità pubbliche.

Fede al curriculum

Nel caso di Siclari, le premesse certo non militano in tal senso. Fino a qualche tempo fa era ai domiciliari, di recente convertiti in divieto di dimora perché accusato di abuso d’ufficio per i favori concessi a Caronte in cambio – dicono i magistrati - di un’arma per disinnescare l’opposizione, l’assunzione in azienda del figlio di una consigliera di minoranza che improvvisamente ha smesso di votargli contro e la promessa di 8mila euro di donazione al Comune. Tuttavia, si suppone che in tempi di emergenza nazionale, quando a tutti viene chiesto progressivamente di sacrificare un pezzetto delle proprie libertà in nome del benessere collettivo, i pubblici amministratori o chi aspira a tornarlo, siano in prima fila. Per Siclari, non è così. Ed è lui stesso a dichiararlo.

Viaggio programmato quindi autorizzato?

È lui – o meglio il suo avvocato che per lui annuncia querele e diffide – che fa sapere che «il Siclari è partito dalla Calabria, per un viaggio programmato da settimane, in data 29 Febbraio 2020 alla volta di Roma, dove ha fatto visita la fratello Marco che vive a Roma (senza che sia per nulla rievante, ai fini dell’articolo “incriminato” che lo stesso sia indagato a maggior ragione e conferma della volontà diffamatoria)». Per la cronaca, il 29 febbraio si toccava quota 1.128 casi positivi e 29 morti, il governo lavorava al decreto di chiusura delle scuole in tutta Italia, Juve Inter veniva rinviata, insieme a festival, concerti, eventi e da più parti rimbalzava unanime il coro «evitate assembramenti, limitate i contatti, rinviate i viaggi al Nord». Evidentemente Siclari era distratto o l’aver «programmato da tempo il viaggio» gli è sembrata una valida giustificazione.

Destinazione Lombardia, focolaio italiano del Coronavirus

E il sindaco sospeso di Villa San Giovanni non si è limitato ad una visita nella Capitale, ma ha proseguito il viaggio «alla volta di Milano, dove la figlia maggiore dello stesso dimora per ragioni di studio universitario». E lì ci è stato – afferma il suo legale – fino al 7 marzo. Cioè mentre i morti salivano, i contagiati si avvicinavano più ai 3mila che ai 2mila, si bloccavano palestre, piscine, cinema, musei e per ordinanza da tempo era stato imposto il coprifuoco a bar e locali. E che la situazione si stesse aggravando lo sapeva lo stesso Siclari, se è vero che anche sui suoi profili social aveva iniziato a lanciare appelli alla responsabilità e proclami sull’emergenza. Validi per tutti tranne che per lui, evidentemente.

Il lungo viaggio verso casa a poche ore dal lock down

Nelle stesse ore, mentre dai reparti di terapia intensiva arrivava il grido di dolore di medici e infermieri portati allo stremo da una progressione dei contagi superiore a quella registrata in Cina, quasi disperati e impotenti di fronte ad un’ondata a tratti incontrollabile di pazienti con necessità di ospedalizzazione, Siclari partiva alla volta del Sud. «In data 7 marzo» spiega il suo avvocato «faceva rientro in auto, facendo tappa prima a Firenze, mai stata zona rossa e soggiornando lì fino all’indomani, giorno in cui è avvenuto il rientro in Calabria in data 8 marzo». Dimentica di specificare il legale di Siclari che quella sosta a Firenze ha consentito anche cene al ristorante, passeggiate in centro, con tanto di selfie su Ponte Vecchio. Insomma, non proprio una tappa rapida. E che proprio l’8 marzo mattina, a poche ore dal decreto che chiudeva la Lombardia e altre 14 province italiane, il sindaco postava un accorato appello con cui il fratello senatore invitava «tutti ad essere responsabili» perché «i posti in Terapia Intensiva nei prossimi giorni potrebbero terminare (così come più volte detto) se aumentano i contagi». Ma magari la cosa vale solo per gli altri.

«Prima del 10 marzo mai Siclari ha invitato i cittadini o chiunque a stare in casa»

D’altra parte, appare curioso che chi lancia accorati appelli ad evitare il diffondersi dell’epidemia di un virus per cui non c’è cura, né vaccino, dunque arginabile solo limitando i contatti a rischio, abbia bisogno di un decreto di lock down per realizzare che non è responsabile, né consigliabile passeggiare per l’Italia in piena pandemia. O che si premuri di far specificare al proprio legale che mai «il Siclari ha invitato i cittadini o chiunque a stare in casa» prima che il primo decreto di lock down entrasse in vigore, «né fino a quando non è stato emanato il DPCM dell’10 marzo che ha esteso a tutta Italia la zona controllata con obbligo di permanenza domiciliare».

L’allarme dell’Iss « Vedremo aumento di casi per comportamenti errati»

Quasi un autogol, se è vero che Silvio Brusaferro dell’Istituto Superiore di Sanità ha lanciato l’ennesimo allarme «è verosimile aspettarci casi in questo weekend in parte come effetto dei comportamenti assunti lo scorso fine settimana. L'incubazione è tra 4 e 7 giorni: abbiamo visto folle assembrate al mare o in stazioni sciistiche o in mega aperitivi, luoghi dove probabilmente il virus ha circolato. Una parte di quelle persone nei prossimi giorni probabilmente mostrerà una sintomatologia. È un'ipotesi, vedremo le curve, speriamo di essere smentiti dai fatti».

Giochi di prestigio con le date

Dati e date con cui il legale di Siclari "gioca" con abilità. «Le misure di limitazione agli spostamenti sono state diramate per la Lombardia e per altre 14 provincie solo nella nottata dell’8 marzo» si lagna. In realtà, il decreto è stato approvato attorno alla mezzanotte, dopo che per tutto il pomeriggio del 7 marzo si sono rincorse indiscrezioni e anticipazioni, pubblicate su tutti i media, riguardo l'imminente lock down, costringendo il premier Conte ad una conferenza stampa in piena notte per spiegare le nuove misure e chiedere ai tanti che si stavano precipitando a Sud di desistere.

Retroattività, questa sconosciuta  

A seguire il legale di Siclari ci tiene a specificare che «l’obbligo di permanenza domiciliare è scattato nella giornata del 10 marzo» ma sembra dimenticare che la disposizione è retroattiva e riguarda chiunque si sia spostato nelle ultime due settimane precedenti l’emanazione del decreto, come del resto recitava l’ordinanza emessa  dalla presidente Jole Santelli per chi rientrasse in Calabria. Dunque Siclari non si è «volontariamente sottoposto alle misure di controllo diramate dalla Regione Calabria» ma è stato obbligato a farlo. E appare il minimo sindacale per chi è irresponsabilmente andato a spasso per l'Italia in piena pandemia, controllabile - tuonano da giorni medici, esperti, scienziati - solo limitando al massimo la diffusione di un virus ad elevata contagiosità per il quale al momento non c'è cura, nè vaccino. Una norma di buon senso che si è dovuta far passare per decreto per i troppi che continuano a sentirsi eccezione alla regola. 

Denunciare e reprimere con ogni mezzo?

Nelle democrazie avanzate non funziona così. Le regole valgono anche per chi ambisce, aspira o sogna di tornare ad amministrarla. Ma probabilmente la cosa potrebbe risultare curiosa a soggetti che danno incarico di «denunciare e reprimere con ogni mezzo» un articolo sgradito. Reprimere? Con ogni mezzo? Al momento, Costituzione, leggi e codici permettono solo querele penali e citazioni civili, ma se hanno altre poco democratiche idee, il sindaco sospeso e il suo legale ci illuminino.