I lavori decennali previsti a Villa e a Messina, le ripercussioni ambientali che attendono il territorio, il timore che il maxi cantiere da 14 miliardi di euro possa creare altre devastanti cattedrali nel deserto in un territorio che ne è già saturo. E poi le paure sul “decreto spezzatino” che permetterà la divisione in stralci del progetto (scorciatoia che consentirà di bypassare, di fatto, il progetto definitivo in favore di una progettazione esecutiva da realizzarsi poco alla volta), la stretta annunciata dal Governo contro le manifestazioni in opposizione alle opere ritenute strategiche e la tremenda crisi idrica che stringe al collo l’intera area dello Stretto e che potrebbe aggravarsi a causa dei lavori: sono tanti i motivi che spingono il popolo No Ponte a tornare in piazza per la terza volta in pochi mesi per schierarsi contro la costruzione dell’opera su cui si fantastica (e si spende, grazie a milioni di euro pubblici fagocitati dalla Stretto di Messina in stipendi, studi e consulenze) da più di mezzo secolo.  

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Con l’accelerazione voluta dal Governo Meloni (e con la benedizione del ministro leghista Salvini, che del ponte ne ha fatto una bandiera personale da campagna elettorale perenne), i maxi cantieri del ponte potrebbero presto fare capolino sulle due sponde dello Stretto. Una possibilità che il movimento No Ponte (e le varie anime che lo compongono al suo interno) ha deciso di contrastare, pacificamente, con un’altra marcia lungo il salotto buono di Messina. E se a dicembre erano scesi in strada più di 15 mila persone per sottolineare la loro contrarietà all’opera, e a maggio erano quasi 5 mila a sfilare per le vie di Villa San Giovanni, i presupposti per bissare quella partecipazione sembrano esserci tutti. Anche perché, alle preoccupazioni per l’allestimento dei due grandi cantieri, si aggiungono quelle legate alla peggiore crisi idrica che l’area dello Stretto ricordi tanto che lo slogan scelto dagli organizzatori per la marcia prevista sabato pomeriggio recita “Vogliamo l'acqua dal rubinetto non il Ponte sullo Stretto”.   

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«Questo corteo cade all'interno di una crisi idrica profonda – ha detto durante la conferenza stampa di presentazione della manifestazione Gino Sturniolo, uno degli storici rappresentanti del  movimento a Messina –  riteniamo clamoroso che in una città in queste condizioni si pensi di spendere 14 miliardi per un'opera che consideriamo inutile e dannosa. Avevano detto che questa sarebbe stata l'ultima estate senza cantieri in realtà questo non è avvenuto perché la governance del Ponte ha dovuto rimandare le date del cronoprogramma, per i cantieri ormai se ne parlerà nel 2025. In realtà hanno recuperato questo tempo per mettere in campo due provvedimenti: il decreto infrastrutture e il disegno di legge sulla sicurezza, da una parte si crea la novità del progetto spezzatino con la possibilità di produrre il progetto esecutivo per fasi e dall'altra la previsione dell'aumento delle pene per i reati legati alle lotte contro le grandi opere».