La famiglia vive da un anno ad Amato, in provincia di Catanzaro, dove ha potuto battezzare i figli e seguire liberamente il proprio credo religioso
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Il mondo rappresentato in una cartina geografica e mani, simbolo di unità, stampate su un cartellone. Quando entri nella sede Sprar (Sistema per rifugiati e richiedenti asilo) di Amato già le pareti raccontano un clima di comunione nonostante le diverse etnie.
I beneficiari dello Sprar
Dal 2016, nel piccolo paesino in provincia di Catanzaro, sono accolti dodici migranti. «Provengono dall’Afghanistan, dalla Nigeria e dalla Siria. Sono quasi tutte famiglie», afferma Claudia Catanese, del centro di accoglienza.
Scappano dalla guerra, dalle violenze subite entro i propri confini. Non hanno alternative e così fuggono alla ricerca di luoghi che possano migliorare le condizioni della loro vita.
La storia di Joel e Mantine
Joel e Mantine con i loro bambini, Divine ed Emmanuel, hanno dovuto lasciare la loro terra perché cristiani. Per anni sono stati perseguitati senza nessuna pietà. «Siamo cristiani - dice Joel -, non potevamo tradire il nostro credo. Mi hanno minacciato, dicendomi che mi avrebbero tagliato la testa se non avessi lasciato la mia religione. Così sono andato via con la mia famiglia». Joel riesce a scappare, altrimenti anche lui sarebbe stato sgozzato, come già accaduto a tanti altri cristiani.
Il lungo viaggia prima di arrivare ad Amato
Con «i suoi amori», così ama definire i suoi cari, il giovane nigeriano lascia la sua patria e attraversa il deserto. Il viaggio è stato lungo. Tante le insidie. Prima il Niger, poi la Libia e dopo mesi finalmente l’Italia. Per alcuni giorni la famiglia fa tappa a Salerno e nel mese di giugno arrivano ad Amato.
«Qui abbiamo trovato una vera e propria famiglia», dice Mantine. «Ho potuto finalmente professare il mio credo! Battezzare i miei bambini di uno e tre anni».
Il 22 ottobre Divine ed Emmanuel hanno ricevuto il sacramento per la gioia di mamma, papà e di tutta la comunità. «È stato un giorno di festa», dice l’operatrice del centro. «Abbiamo visto la gioia nei loro occhi - conclude -. Il loro sogno si è potuto finalmente realizzare».
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