Richiesta di rinvio a giudizio per il suicidio di Sonia Pontoriero, la 41enne di Vibo Valentia che si è tolta la vita il 29 settembre del 2016 lanciandosi dal viadotto autostradale che sovrasta l'abitato di Pizzo Calabro.

 

Concorso in abbandono di persona incapace, con l’aggravante di averne cagionato la morte, il reato contestato dal pm Claudia Colucci a tre imputati in servizio nel reparto di Psichiatria dell’ospedale “Jazzolino” di Vibo Valentia. Si tratta di: Fulvia Franca Mazza, 63 anni, di Vibo Valentia, psichiatra (difesa dall’avvocato Francesco Muzzopappa); della psicologa Giovanna De Maria, 62 anni di Vibo Valentia (avvocato Costantino Casuscelli); dell’infermiere Raffaele Sette, 57 anni di Arena (avvocato Vincenzo Gennaro). Parte offesa nel procedimento penale è stata individuata Rosa Garretta, la mamma di Sonia Pontoriero, assistita dall’avvocato Giuseppe Di Renzo.

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Le indagini sul decesso di Sonia Pontoriero sono state condotte dai carabinieri della Stazione di Pizzo Calabro. Secondo quanto emerso dalle indagini, sulla base delle testimonianze di quanti erano venuti in contatto con la donna nelle sue ultime ore di vita e della documentazione acquisita nel reparto ospedaliero, Sonia Pontoriero qualche ora prima di suicidarsi era stata accompagnata dai parenti in ospedale in evidente scompenso psicotico per essere sottoposta a un Trattamento sanitario obbligatorio (Tso).

 

Qui, però, i sanitari ora raggiunti dalla richiesta di rinvio a giudizio, secondo l’accusa avrebbero abbandonato a se stessa la donna, già giudicata incapace per malattia di mente ed affetta da scompenso psicotico con deliri persecutori, omettendo di sottoporla al Tso e provvedendo solo a firmare la proposta di Tso senza tuttavia eseguirlo, nonostante vi fossero - ad avviso del pm e dei carabinieri - tutti i presupposti e nonostante l’autorizzazione all’utilizzo della forza da parte di un familiare lì presente.

 

I sanitari avrebbero quindi lasciato che la Pontoriero si allontanasse liberamente dal reparto. Allontanamento concluso poi con il suicidio che gli investigatori considerano prevedibile in conseguenza dell’abbandono e delle precarie condizioni psichiche della donna.

 

g.b.