«Che lui è un boss che comanda non c'è dubbio... ma ha dei limiti perché lì ci sono tanti soggetti, deve crearsi il suo spazio». A parlare così agli inquirenti è il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso che tratteggia il profilo dello zio Francesco Mancuso alias Tabacco.

Ci fu un momento in cui il clan fu sull’orlo di una guerra interna. Era l’estate del 2003. A raccontare cosa accadde è proprio il primo storico pentito della potente famiglia ‘ndranghetista egemone nel Vibonese. Il 9 luglio di quell’anno fu ucciso Raffaele Fiamingo. Con lui rischiò di morire Francesco Mancuso che rimase gravemente ferito.  «Quando lo avevano sparato – racconta Emanuele Mancuso agli inquirenti - ci sono state molte critiche nei confronti di Diego Mancuso (fratello di Francesco, ndr), faceva le mangiate mentre lui (Francesco Mancuso) stava morendo... lui non voleva andare in ospedale, il figlio l'ha costretto. Questo per una questione di non apparire che era stato fatto sparare».

L’agguato sarebbe maturato nell’ambito di una serie di contrasti tra due fazioni del clan che visse un momento di intensi contrasti interni.   Emanuele Mancuso racconta anche dei rapporti difficili di “Ciccio Tabacco” con la famiglia, con Luigi Mancuso («lo odia, lo detesta..»), c'era chi – secondo il pentito – lo voleva morto «Cosmo lo voleva fare uccidere...».

Le dichiarazioni del collaboratore agli atti del maxiprocesso Rinascita Scott trasmesse nel corso del format condotto da Pino Aprile e Pietro Comito.