L'uomo che prima dell'omicidio non aveva precedenti, era detenuto nel carcere Opera di Milano. Inutili i tentativi dei soccorritori
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Rosario Curcio, 46 anni, condannato all'ergastolo per l'omicidio della collaboratrice di giustizia Lea Garofalo, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella del carcere Opera di Milano. Oggi è stato comunicato il decesso.
Come riporta l'Ansa, Curcio era originario di Camilletto, una frazione di Petilia Policastro (Crotone) e fino al suo arresto avvenuto nell'ottobre 2010 non aveva mai avuto problemi con la giustizia. La sua storia criminale inizia ufficialmente la sera del 24 novembre 2009, giorno dell'omicidio della Garofalo, che con coraggio aveva deciso di denunciare alle autorità i traffici illegali dell'ex compagno Carlo Cosco, legato alla malavita organizzata calabrese.
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Ammessa inizialmente nel programma protezione testimoni nel 2002, nell'aprile 2009 decise di rinunciare volontariamente alla tutela a seguito di una serie di vicissitudini legali che l'avevano estromessa dal sistema poiché ritenuta non attendibile. Scampata a un tentativo di rapimento avvenuto il 5 maggio 2009 su mandato dell'ex compagno Cosco, la sera del 24 novembre viene attirata a Milano da quest'ultimo con la scusa di parlare del futuro della loro figlia, Denise.
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Lea Garofalo sparisce nel nulla. Le indagini del comando provinciale dei carabinieri ricostruiscono le ultime ore della donna, rapita in viale Montello e portata in un casolare a Monza, dove venne torturata e infine uccisa. Per cancellare le prove il corpo venne bruciato. Il 30 marzo 2012 vengono condannati in sei: Carlo Cosco e suo fratello Vito all'ergastolo con isolamento diurno per due anni, mentre all'ergastolo con un anno di isolamento Giuseppe Cosco, Rosario Curcio, Massimo Sabatino e Carmine Venturino, ex fidanzato di Denise. Sarà quest'ultimo, dopo il primo grado, a decidere di fare dichiarazioni spontanee che consentiranno di ritrovare i resti della Garofalo, che secondo la difesa era scappata in Australia. A dimostrare che la donna non era mai partita furono i circa 2mila frammenti ossei recuperati in un terreno a San Fruttuoso (Monza) dalla Scientifica e dagli esperti dell'istituto di medicina legale di Milano. Le condanne sono state tutte confermate dalla Cassazione il 18 dicembre 2014.