I carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Catanzaro, supportati in fase esecutiva da militari del Noe di Napoli e del comando provinciale dell'Arma di Cosenza, hanno sequestrato la discarica per rifiuti speciali non pericolosi, compreso l'invaso di circa 15.000 mq, ubicata nel comune di Scala Coeli, in località Pipino, con affidamento ad un amministratore giudiziario. La misura cautelare è stata emessa dal gip presso il Tribunale di Castrovillari, su richiesta della Procura della Repubblica. Il valore complessivo di quanto sottoposto a sequestro ammonta ad oltre 10 milioni di euro.

L'indagine riguarda il reato di disastro ambientale in concorso e vede indagate cinque persone: l'amministratore della società proprietaria della discarica, i due amministratori della società esecutrice dei lavori relativi all'impianto, l'amministratore della società che ha realizzato l'impermeabilizzazione dell'invaso, il direttore dei lavori.

Il provvedimento costituisce l'esito di una complessa attività investigativa condotta dalla Procura con i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro che, attraverso un articolato impianto tecnico-investigativo, l'espletamento di sopralluoghi e l'esame di documentazione e di registrazioni video, ha consentito di accertare la causa dello sversamento di un ingente quantitativo di percolato, pari a circa 15.000 metri cubi, fuoriuscito il 22 giugno 2023 dalla discarica e finito all'interno dei torrenti Patia-Capoferro e del Fiume Nicà e, dopo avere percorso circa 15 km, sino al Mar Ionio.

La fuoriuscita ha interessato i territori e le popolazioni dei comuni di Scala Coeli, Cariati e Crucoli, tanto che i rispettivi sindaci sono stati costretti, al fine di tutelare l’incolumità dei cittadini, ad adottare immediatamente apposite ordinanze di divieto di balneazione nonché di divieto di approvvigionamento idrico dai corsi d'acqua per gli animali domestici, da allevamento e per uso agricolo.

Le indagini

Secondo l'ipotesi investigativa, l'amministratore della società titolare della discarica avrebbe concorso, con gli altri indagati, nel reato di disastro ambientale, realizzando e gestendo la discarica nonostante una serie di gravi criticità sotto il profilo progettuale e gestionale che sarebbero all'origine del disastro. Si tratta dell'illecita unificazione di due lotti in cui era originariamente suddiviso l'invaso della discarica nonché realizzazione e "coltivazione" contemporanea degli stessi; sottostima e conseguente inadeguatezza del sistema di drenaggio di fondo del percolato; sottostima e conseguente inadeguatezza dell'impianto di trattamento e di stoccaggio in loco del percolato; presenza di una tubazione con diametro di 60 cm e lunghezza superiore a 60 metri, non prevista in progetto né autorizzata dalla Regione Calabria, posta nella parte inferiore dell'invaso e che ha consentito al percolato di fluire all'esterno dell'argine artificiale; inidoneità dell'installazione del telo impermeabile sul letto dell'invaso che ha alterato l'efficienza del sistema barriera della discarica; mancato rispetto di diverse prescrizioni contenute nel titolo autorizzativo, tra le quali l'indicazione che condizionava l'esercizio della discarica al completamento dei lavori di adeguamento della viabilità comunale e provinciale di accesso.

Criticità più volte denunciate dal circolo locale di Legambiente e da Legambiente Calabria, che sin dai mesi successivi all'avvio delle attività della discarica, risalente all'ottobre 2022, aveva presentato numerosi esposti e segnalazioni  ai vari enti preposti.