VIDEO | Sospesa l'efficacia del provvedimento emesso dal presidente facente funzioni della Regione lo scorso 5 gennaio. Lunedì si torna in aula, con le limitazioni imposte dal governo nazionale e dalle zone rosse. Per le superiori invece decisione rimandata al 10 febbraio (ASCOLTA L'AUDIO)
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Il primo round è andato ai genitori sottoscrittori del ricorso depositato dall'avvocato Paolo Perrone, contro l'ordinanza di chiusura delle scuole emanata da Nino Spirlì lo scorso 5 gennaio.
La decisione del Tar
Il Tar della Calabria ha accolto la richiesta di sospensione urgente degli effetti del provvedimento impugnato. In altre parole, si potrà tornare in aula per la didattica in presenza, sempre in relazione alle disposizioni governative ed agli altri decreti tutt'ora in vigore a livello locale. Le lezioni, infatti, resteranno sospese nelle zone rosse, come Fabrizia o Frascineto, dove il numero dei contagi da coronavirus ha raggiunto livelli preoccupanti. Il Tribunale Amministrativo, tuttavia, ha limitato la sospensiva alle scuole primarie ed alle secondarie di primo grado (quindi elementari e medie), mentre per le secondarie di secondo grado (superiori), pur riconoscendo la validità delle argomentazioni proposte nel ricorso, in virtù della maggiore capacità degli studenti più grandi di svolgere la didattica a distanza e della questione relativa ai trasporti, si è riservato di decidere quando entrerà nel merito il 10 febbraio prossimo.
Esito prevedibile
L'esito della decisione dei magistrati amministrativi era scontato. Già nel novembre scorso i giudici avevano bocciato il presidente facente funzioni, firmatario di un'analoga misura. E successivamente, avevano annullato anche le ordinanze emesse da alcuni sindaci, tra cui Vibo Valentia, Crotone, Rende.
Le motivazioni della sospensiva
Secondo i giudici amministrativi, c'è un rilevante pregiudizio a carico del diritto all’istruzione ricadente sui minori compresi nelle fasce di età riconducibili all’istruzione elementare e media, non compensabile col ricorso alla didattica a distanza. Per questo il Tar della Calabria, accogliendo parzialmente il ricorso depositato dall'avvocato Perrone in rappresentanza di circa 160 famiglie, ha sospeso l'efficacia dell'ordinanza regionale.
La decisione si fonda anche su un principio giuridico già ribadito nelle precedenti sentenze con cui il Tribunale Amministrativo aveva già censurato sul punto sia lo stesso Spirlì che alcuni sindaci: la prevalenza nella gerarchia delle fonti del diritto delle norme nazionali rispetto a quelle regionali. In altre parole, se il Consiglio dei Ministri ha valutato la frequenza delle scuole elementari e della prima media compatibile con il più grave scenario della diffusione della pandemia, quello relativo alla zona rossa, e la frequenza anche della seconda e terza media compatibile con lo scenario della zona arancione, non vi sono ragioni per introdurre in Calabria, limitazioni più restrittive.
La scuola non è a rischio contagio
Tanto più se l'adozione di norme giuridiche di rango primario quali sono i decreti ministeriali, si pongano tra gli obiettivi anche quello di bilanciare l'interesse della salute, dell’istruzione e quello dello svolgimento della personalità dei minori e degli adolescenti in un contesto di socialità che «peraltro, come ammesso nello stesso atto impugnato - si legge nel dispositivo - non vede la scuola come luogo al cui interno esista un forte rischio di contagio».
Restano chiuse le superiori
Il Tar invece, come accennato, ha invece rimandato alla discussione di merito, in calendario il 10 febbraio prossimo, quando la materia del contendere potrebbe anche essere cessata, la decisione sulla riapertura delle scuole superiori che, quindi, rimarranno chiuse almeno fino al 31 gennaio come disposto nell'ordinanza di Spirlì. In questo caso i giudici, pur riconoscendo la validità delle argomentazioni presentate dall'avvocato Perrone, riconoscono il rischio dell'impatto che la circolazione degli studenti delle secondarie di secondo grado potrebbe avere sulla curva epidemiologica, tenuto conto anche delle indicazioni in tal senso del Governo nazionale che infatti, limita la ripresa delle attività didattiche in presenza nella misura del 50 percento. Inoltre i giudici ritengono minori le ripercussioni sul diritto all'istruzione per chi frequenta le superiori, in virtù del «maggior grado di consapevolezza e attitudine all’uso delle tecnologie implicate nella didattica a distanza appannaggio degli studenti frequentanti gli istituti in questione».