A quasi un mese dallo scioglimento del comune di Tropea, arrivano le motivazioni. Ed emergono alcuni particolari che, secondo la commissione, proverebbero i punti di aderenza tra l'amministrazione sciolta dal Consiglio dei Ministri il 10 agosto scorso ed alcuni esponenti della criminalità locale.

 

«Condizionamenti della criminalità organizzata in grado di determinare lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale, nonché il pregiudizio degli interessi della collettività». Queste sono alcune delle affermazioni contenute nella relazione della commissione d’accesso agli atti che,  una volta passata al vaglio del ministero, ha determinato lo scioglimento del comune di Tropea, celebre località turistica del Vibonese da parte del Consiglio dei Ministri.

 

L'accesso agli atti del comune costiero, della durata di sei mesi, era stato disposto il 22 ottobre dello scorso anno, su proposta dell'allora prefetto di Vibo Valentia, Giovanni Bruno. La commissione rimase a Palazzo Sant’Anna fino al 22 aprile scorso. A distanza di poche settimane dallo scioglimento, decretato il 10 agosto scorso, arrivano le motivazioni. Che mettono in luce circostanze precise, che avrebbero condotto la commissione a stilare una relazione estremamente dettagliata sulle – presunte- sussistenti relazioni tra l’amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Rodolico e ambienti della criminalità locale. In particolare, a pesare, sarebbero stati «i legami di parentela e di frequentazione di alcuni amministratori e dipendenti comunali, - si legge- molti dei quali con gravi precedenti di natura penale, con esponenti di ambienti controindicati».

 

Un episodio particolarmente inquietante al quale la commissione fa riferimento nella relazione è poi quello che riguarderebbe un incontro tenutosi in un albergo della zona, nel periodo precedente alle elezioni del 2014. Secondo la commissione, in quella sede, alla quale presero parte anche soggetti ritenuti vicini alle famiglie di ‘ndrangheta  Mancuso e La Rosa, sarebbero stati presi precisi “accordi pre-elettorali”.

 

In particolate, ad uno dei candidati sindaco, venne promesso che qualora avesse ritirato la sua candidatura  a sindaco, avrebbe ottenuto l’incarico di assessore. Difficile pensare a una coincidenza, perché il candidato puntualmente si ritirò dalla competizione elettorale, e al momento della composizione della nuova giunta, ottenne l’agognato – e promesso- assessorato.

 

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