«Ingiustizia è fatta». Così il Laboratorio civico, la coalizione che da nove anni guida Rende, ha commentato lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Ne è convinto anche il leader della coalizione, Marcello Manna, che parla di una sorta di ribaltamento della realtà.

In che senso avvocato?
«La commissione d’accesso si insedia sulla scorta dell’operazione Reset, incentrata sull’ipotesi di uno scambio politico-elettorale con la famiglia D’Ambrosio. Ebbene ci sono due pronunce del Tribunale del Riesame che prendono atto che prima delle elezioni non c’è stato nessun contatto con i D’Ambrosio. Di più. Noi, io in particolare, appena insediati ci siamo messi al lavoro per “sfrattare” la famiglia D’Ambrosio dalla gestione del bar Colibrì. Un’operazione complessa che è terminata solo nel 2018 quando siamo riusciti a riprendere possesso della struttura. Non le sto rivelando particolari inediti perché tutte queste cose sono state poste all’attenzione».

All’attenzione di chi?
«Del Riesame ovviamente perché qui noi siamo vittima di una legge incostituzionale».

Si riferisce all’assenza di contraddittorio?
«Ovviamente. Non abbiamo avuto la possibilità di dire una parola, di spiegare, di dimostrare come stavano le cose. Guardi che non è che sono il solo a pensarla così. Tanto è vero che il Legislatore da tempo ha intenzione di cambiare la legge. Ha cercato di farlo nella scorsa legislatura, sta provando a farlo in questa. Allora diciamo che noi siamo vittime di questo ritardo».

Vabbè ma l’operazione Reset è lì, non è che sia proprio una barzelletta…
«Io potrei dirle che Pino Munno ha solo un obbligo di dimora, nessuna misura cautelare. C’è altro? Vedremo perché quel processo è alle battute iniziali e noi abbiamo subito un procedimento di cui non sappiamo nulla, non conosciamo nemmeno le motivazioni che hanno portato allo scioglimento. Ma è un Paese normale quello in cui uno subisce un procedimento non solo senza avere la possibilità di difendersi ma anche senza sapere di cosa sia accusato».

Scusi la brutalità ma l’accusa è quella di condizionamento mafioso…
«Vero. Si scioglie sul presupposto che ci sia una infiltrazione mafiosa, ma non c’è una sentenza, tutto è aleatorio. Siamo in presenza della legge del sospetto che non dovrebbe avere ragion d’essere nel nostro secolo. Fra l’altro sulla base di un sospetto si cancella un consiglio comunale figlio della volontà popolare liberamente espressa».

Senta qualcuno dice che è stato un fallimento del civismo…
«Quindi i fatti contestati sono veri? Che c’entra il civismo in questa storia? Qui si confonde il sospetto, una legge inquisitoria con una esperienza unica nel Meridione ovvero la partecipazione di tutte le forze politiche al rilancio di una città. A questo argomento privo di logica io rispondo dicendo che forse il civismo ha funzionato fin troppo al punto che il Comune sta per uscire dal predissesto. Io dico che tutti gli obiettivi che ci eravamo posti sono stati raggiunti. Forse questo ha dato fastidio a quel sistema dei partiti che davvero ha fallito portando l’astensionismo a cifre vicine al 50%».

E quali obiettivi ha raggiunto Laboratorio Civico?
«L’imminente uscita dal predissesto, 36 progetti fra il Pnrr e Agenda Urbana che stanno per essere cantierizzati. Fra questi progetti, alcuni innovativi come il centro per l’autismo, che sarà uno dei pochi del sud d'Italia, e che adesso deve partire perché tutta la burocrazia è stata risolta; il riconoscimento di Rende come città dello sport; l’ammodernamento di tutta l’illuminazione pubblica della città. Io dico che abbiamo fatto troppe cose. Questa amministrazione non ha mai risposto a nessuno se non ai cittadini. Poi quando questa autonomia si scontra contro i poteri politici che magari si saldano con alcuni settori della magistratura inquirente questo è quello che succede».

Questi sono i poteri forti di cui parlate nella nota di Laboratorio Civico?
«Le ribadisco che Laboratorio civico non ha fallito e lo dimostrano le centinaia di attestati di stima, e anche di meraviglia per quanto accaduto, di tantissimi cittadini perché la gente sa come funzionavano le cose con la nostra amministrazione».

Cosa succederà ora al Psc?
«Questa è davvero una bella domanda. Il Psc è stato pubblicato, adesso devono scadere i termini per le varie osservazioni dei cittadini. Subito dopo queste osservazioni devono essere raccolte e il Psc inviato alla Regione per l’approvazione. Riusciranno i tre commissari a svolgere tutti questi adempimenti burocratici da soli? Spero di si. Tenga presente che avranno altre cose da curare come l’uscita dal pre dissesto, i circa 40 cantieri che devono partire. Ma come faranno tre persone sole a seguire tutte queste attività? Questo è un altro vulnus della legge. Oggi è capitato a Rende, ma sta capitando a troppi comuni in Calabria. Poi capita anche che qualcuno venga pure assolto, sa? Ma ormai il danno, per la comunità soprattutto, è fatto».

Cosa risponde a chi dice che se vi eravate dimessi forse Rende non avrebbe conosciuto l’onta dello scioglimento?
«Quello che le ho appena detto, non l’abbiamo fatto per amore della città altrimenti chi ce lo faceva fare? Noi siamo rimasti per portare a termine i progetti che abbiamo in cantiere. Contavamo anche sul buon senso visto che la consiliatura è ormai agli sgoccioli e questo rende meno comprensibile la decisione dello scioglimento. Aggiungo, poi, che una volta insediata la commissione deve comunque relazionare. Tanto più se è condizionata da vergognose marce per la legalità messe in piedi da soggetti politici che vorrebbero ritornare in sella e dalla celebrazione di un processo che è, lo ribadisco, ancora in fase di udienza preliminare».