REGGIO CALABRIA - «Le condizioni psicofisiche del detenuto non lo rendono compatibile con la detenzione in carcere ». Così il Tribunale del Riesame di Milano si è pronunciato nei confronti di Giulio Lampada, considerato referente dell'omonima cosca reggina in Lombardia, che potrà scontare la condanna in appello a 14 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa nella casa di cura Prà Ellera, nel savonese. Finito nelle maglie della maxi-operazione "Crimine-Infinito" portata a termine nel 2010 dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Reggio Calabria e Milano, Giulio Lampada sarebbe affetto da una forte depressione.

 

Sottoposto a perizia psichiatrica, il presunto boss, assistito dall'avvocato Giuseppe Nardo, avrebbe dimostrato di essere «affetto da una patologia psichiatrica complessa consistente in disturbo di conversione somatica, disturbo depressivo, grave disturbo di evitamento a contenuto multiplo». Nel luglio scorso Giulio Lampada avrebbe anche tentato il suicidio. In seguito a quell'episodio il difensore aveva inoltrato per il suo assistito la richiesta della detenzione domiciliare tramite l'uso del braccialetto elettronico. Proposta respinta dai giudici, che hanno decretato che il presunto boss potrà seguire un percorso di cura fuori dal carcere, ma comunque all'interno di una struttura sanitaria protetta.