L’impianto di depurazione Iam (Iniziative ambientali meridionali) è una delle strutture calabresi in cui arrivavano i rifiuti provenienti dal Centro Oli di Viggiano. 


La protesta dei cittadini - Qualcosa non andava e i cittadini sapevano, o quanto meno ipotizzavano, tanto che, poiché gli odori erano diventati troppo, il 26 giugno 2014 alcuni organizzarono una manifestazione che durò tre giorni.

 

Manifestazione che preoccupò i vertici. Da un’intercettazione emerge infatti che Vincenzo Lisardelli, coordinatore ambiente del reparto sicurezza e salute all'Eni di Viggiano, chiedeva conto della mobiltitazione ad Antonio Curcio della Ecosistem di Lamezia il quale rivolgendosi al dirigente: ‘È la popolazione che ci sta bloccando. Ci sono 20 macchine ferme, ma non sono mie. Io il vostro prodotto sono riuscito a scaricarlo in tempo’.


Davanti ai cancelli della Iam, quel giorno c'era anche Maria La Scala, presidente del comitato Quartiere Fiume di Gioia Tauro che intervistata da 'Lettera43' afferma: “La puzza in quel periodo era terribile, molti di noi erano finiti all'ospedale per bruciore agli occhi e vomito”.

 

Ma purtroppio non parliamo solo di bruciore agli occhi e vomito, pare che a Gioia Tauro l’incidenza di tumori, anche infantili, sia molto alta. E i numeri sono impressionanti, si parla di circa 300 casi l’anno.

 

A settembre la Guardia Costiera sequestrò la quarta linea della Iam, troppo cadmio. Ma dopo un mese la Procura di Palmi ha dissequestrato l’area.


Lo stesso Comitato, di cui Maria La Scala è presidente, aveva anche documentato trasporti notturni sospetti: “Le autobotti si fermavano nei pressi di una botola, in un terreno privato, fuori dall'impianto, a 200 metri dal mare. Ci hanno detto che quelle autobotti prelevavano e non scaricavano. Ma il mare diventava nero”. Adesso pare che quella botola sia sigillata.


L'inchiesta - Per l’accusa sarebbero migliaia le tonnellate di rifiuti pericolosi smaltiti illecitamente, di cui 26 mila dirette proprio alla Iam. Dalle carte dell’inchiesta emerge anche che la sola Econet avrebbe ricevuto più di 68 mila tonnellate di rifiuti liquidi pericolosi.