Si è sentito usato, Alberto Sarra. L’ex sottosegretario non usa giri di parole nel definire il suo stato d’animo davanti al pubblico ministero Giuseppe Lombardo. Aver letto l’incartamento riguardante l’inchiesta “Mammasantissima” ha aperto tanti orizzonti all’ex sottosegretario, accusato di appartenere alla componente riservata della ‘ndrangheta.

 

Noi abbiamo ottenuto le registrazioni di questi colloqui. Tutto materiale regolarmente depositato ed a disposizione delle parti. La voce del politico di centrodestra è decisa, ferma, risoluta.

 

Nel corso delle oltre cinque ore di interrogatorio (svoltosi in due date diverse), Sarra ripercorre tutta la sua carriera politica e quegli episodi chiave che ne hanno determinato, di volta in volta, l’ascesa repentina e poi la discesa a picco. Ripete spesso di essere stato utilizzato da quelli che riteneva essere dalla sua parte, in primis l’avvocato Paolo Romeo. È questo il nome più ricorrente nell’interrogatorio. Tutto passava da lui e dal suo studio. Destini politici non solo di Reggio Calabria, ma anche della regione e di un pezzo d’Italia.

 

Lui, secondo l’accusa, assieme all’avvocato Giorgio De Stefano sarebbe a capo della cupola massonico-mafiosa della ‘ndrangheta. Quell’entità che ne stabilisce le strategie politico-criminali.

 

Le accuse di Sarra sono circostanziate. Lui conosce tutto degli ultimi vent’anni della politica reggina. Ed è per questo che quando il pm Lombardo chiede, Sarra non fa fatica a rispondere: dal rapporto fra l’ex governatore Scopelliti con il pentito ed ex braccio destro di Giuseppe De Stefano, Nino Fiume, sino al ruolo svolto da Franco Zoccali, l’ex city manager della città dello Stretto poi approdato alla Regione.

 

Sono parole molto pesanti quelle di Sarra, che aprono scenari ulteriori rispetto a quelli già emersi in sede d’indagini preliminari. Toccherà ora alla Dda di Reggio Calabria valorizzare al meglio tutti questi elementi.

 

Consolato Minniti