È proprio un periodaccio per Cotticelli e, più in generale, per la sanità calabrese. Il commissario, negli ultimi giorni, è stato costretto a incassare diverse batoste, sia sul piano politico-amministrativo sia su quello prettamente personale.
Il primo caso riguarda l'Azienda ospedaliera di Reggio Calabria, il cui “reggente”, Francesco Araniti, si è dimesso dall'incarico anche per via dei presunti «attacchi politici» ricevuti. Al suo posto è subentrato il direttore sanitario Giuseppe Foti, che, con il passaggio di consegne, «assumerà ogni funzione di rappresentanza legale e potere di gestione dell'azienda». Ovviamente, fino a quando non verrà nominato – tramite decreto del ministro della Salute Speranza – il nuovo commissario.

L'addio di Araniti, in ogni caso, oltre a confermare le fibrillazioni della sanità regionale a pochi mesi dal varo del Decreto Calabria, obbligheranno Cotticelli a prestare maggiore attenzione a una realtà complessa come quella del Grande ospedale metropolitano.

Il secondo caso coinvolge direttamente lo stesso Cotticelli, che è stato ritenuto responsabile (assieme alla Regione Calabria) di condotta antisindacale.

 

«Sono stato attaccato dalla politica»

A fare rumore sono soprattutto le dimissioni di Araniti, anche perché l'ormai ex reggente, nella lettera inviata al commissario (27 settembre), mette in fila una serie di cause legate alla sua scelta.
«Le dimissioni – spiega l'ex responsabile legale del Gom – sono anche motivate da ripetuti attacchi politici e sindacali, amplificati da alcune testate giornalistiche, che non mi consentono di continuare a svolgere il mio incarico di reggenza con serenità e autonomia». 


Araniti, tuttavia, non manca di sottolineare «gli ottimi risultati» ottenuti alla guida dell'Azienda, soprattutto per quel che riguarda l'«ampliamento e miglioramento dell'offerta sanitaria», gli «investimenti in tecnologie e attrezzature sanitarie», la «costruzione e la ristrutturazione dei reparti». Senza contare «il rispetto dell'equilibrio economico, forse unica Azienda in Calabria», e della «legalità», assicurato dal «protocollo per la prevenzione dei fenomeni corruttivi e dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti di lavori pubblici, concessioni, forniture e servizi».
Ma se le cose andavano così bene, perché Araniti (che rimarrà comunque nel ruolo di direttore amministrativo) si è dimesso?

 

Le domande di Sapia (M5s)

A chiarire i contorni della vicenda potrebbe essere un documento inviato proprio oggi a Belcastro – e per conoscenza a Cotticelli – dal deputato del M5S Francesco Sapia. Nel testo – che LaC News24 ha potuto consultare in anteprima – il parlamentare chiede in via «urgentissima» di conoscere le conclusioni del contraddittorio avvenuto, lo scorso 30 luglio, tra Araniti e il dipartimento regionale.

Sapia ricorda di aver rappresentato una serie di «punti» circa «la gestione dell'Ao di Reggio Calabria da parte del dirigente reggente» rispetto alle quali il dipartimento «non può affatto chiudere gli occhi soltanto perché l'interessato ha scelto di dimettersi», tra l'altro con una nota nella quale, «singolarmente», si «addossano all'avversità di una certa stampa le ragioni del riferito epilogo».
Sapia, nello specifico, ricorda di aver posto all'attenzione di Belcastro la permanenza, nell'Ao di Reggio, di un primario che «non avrebbe i requisiti richiesti», nonché il caso di un «dirigente esterno nominato primario e poi trattenuto in servizio in palese contrarietà rispetto a una sentenza del giudice del lavoro».
Il deputato si ferma qui, ma si riserva comunque di «presentare esposto-querela alla Procura di competenza».

 

Il sindacato escluso dalla riunione

Il caos che interessa il Gom, per Cotticelli, è una bella grana. Ma a questa il commissario deve anche aggiungere i suoi problemi “giudiziari” personali. Il Tribunale di Catanzaro, con un decreto firmato il 25 settembre dal giudice Riccardo Ionta, ha condannato il commissario e il dirigente del dipartimento Salute per comportamento antisindacale.
Il fatto risale al 29 marzo scorso, quando Cotticelli e Belcastro convocano un incontro con tre sigle sindacali – Cgil, Cisl e Uil – sul mantenimento dei Livelli essenziali di assistenza e del fabbisogno di personale tecnico-sanitario per mantenere gli attuali standard. Dal vertice, però, rimane escluso il sindacato Fials, che quindi decide di fare ricorso, anche alla luce di un nuovo incontro, avvenuto tra le stesse parti, l'8 maggio successivo.

La Regione, dal canto suo, eccepisce «il difetto di legittimazione ad agire», mentre il commissario «non si è costituito».
Secondo il giudice, «la condotta del commissario è definibile antisindacale» nel momento in cui non ha inviato l'informazione e avviato il confronto con la Fials. Vale anche per la Regione, anche perché «la sede regionale del confronto implica poteri e responsabilità della Regione» che, pertanto, «non può ritenersi estranea, in termini di posizioni giuridiche soggettive, alla vicenda oggetto del giudizio, gravando su di essa l'obbligo di avviare il confronto con le sigle firmatarie».

Quanto all'annullamento dei verbali dei due incontri, come richiesto dalla Fials, la domanda «non può trovare accoglimento» perché quegli atti «non hanno un'efficacia giuridica tale per cui è necessario un provvedimento giudiziale che ne determini la caducazione». In definitiva, rappresentano solo «una mera manifestazione d'intenti».
Questo passaggio non ha però impedito al commissario e alla Regione di subire la condanna al pagamento delle spese di giudizio, pari a 3.200 euro. E non è finita, perché, nei prossimi giorni, il segretario della Fials, Bruno Ferraro, potrebbe convocare una conferenza stampa nella quale spiegherà la vicenda in tutti i suoi dettagli.
Proprio un periodaccio, per Cotticelli, che deve anche far fronte alla crisi di migliaia di lavoratori della sanità che rischiano di essere mandati a casa.

 

Sblocco delle assunzioni

Il commissario ha fatto sapere di aver chiesto ai ministeri lo sblocco di 400 assunzioni per il personale presente nelle graduatorie degli idonei. Ma il problema è tutt'altro che risolto. La “salva precari”, approvata due giorni fa in consiglio regionale, è solo un escamotage per permettere a Cotticelli di firmare il relativo decreto. La partita vera si gioca a Roma: domani scadono i termini per l'inserimento degli emendamenti al decreto 101. La Regione ha già presentato il suo testo di modifica per la proroga delle graduatorie degli idonei e per lo slittamento dei termini relativi alla legge Madia sulle stabilizzazioni, che permetterebbe a più di mille precari di maturare i requisiti richiesti.
Per ora è tutto in stand by.