Maturati stock di debito milionari: alcune aziende sanitarie impiegano oltre 900 giorni per saldare i fornitori. Programmi di prevenzione oncologici sotto la soglia della sufficienza, quelli neonatali appaltati alla Campania. Per coprire i buchi di bilancio aumentate le tasse a carico dei cittadini
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116 milioni di euro. Al quarto trimestre del 2019 la sanità calabrese giace ancora sprofondata in un debito plurimilionario. Il crack finanziario lo attesta ancora una volta il tavolo interministeriale. Nel verbale dell'ultima riunione tenuta il 25 maggio scorso - in videoconferenza - il ministero della Salute e quello delle Finanze certificano un disavanzo di 116 milioni di euro, debito solo in parte coperto attraverso l'applicazione del gettito delle aliquote fiscali pari a 98 milioni di euro e al ribaltamento di 8 milioni di euro, risorse relative alla quota sociale delle prestazioni socio-sanitarie dirottate verso la copertura dei buchi di bilancio.
A pagare sono sempre i cittadini
Insomma, a metter mano al portafoglio per tentare di ripianare il sempiterno deficit sanitario è sempre il cittadino-contribuente. La maggior parte del debito viene, infatti, in parte pareggiato impiegando il maggiore gettito prodotto dall'aumento delle imposte (Irap e addizionale Irpef). Solo così si riesce ad avere in parte ragione sul debito: il risultato di gestione del quarto trimestre 2019 scende ad un disavanzo di 10 milioni di euro a cui però si aggiunge quello rimasto ancora sul groppone dal 2018 - 57 milioni di euro - che fanno lievitare nuovamente il debito a 67 milioni di euro. Questa la ragione dell'ulteriore inasprimento delle tasse per i calabresi: per il 2020 è scattato infatti l'incremento delle aliquote fiscali Irap (0,15 punti) e dell'addizionale regionale Irpef (0,30) oltre al divieto di non effettuare spese non obbligatorie dal bilancio regionale fino al 31 dicembre 2021.
Tempi biblici per pagare i fornitori
Tallone d'Achille di tutte le aziende sanitarie e ospedaliere regionali i tempi di pagamento dei fornitori, tempi biblici che producono una ulteriore lievitazione dei costi derivanti dalla maturazione degli interessi. Nel 2019 sono state liquidate fatture per un valore complessivo di 1.431 milioni di euro, di cui però solo il 58% è relativo alla stessa annualità; il 33% sono state emesse per pagamenti risalenti al 2018 e il 9% per somme che dovevano essere liquidate nel 2017 e in annualità ancora precedenti. Il ministero della Salute e delle Finanze non hanno solo rilevato "la gravità dello stato dei pagamenti" ma sono andati oltre. Nel verbale si certifica che il 69% delle fatture emesse non hanno rispettato i tempi di pagamento: oltre il 97% l'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, il 95% il policlinico universitario di Catanzaro e l'Asp di Reggio Calabria, il 94% l'azienda ospedaliera di Catanzaro e il 90% l'azienda ospedaliera di Reggio Calabria. Maglia nera è sicuramente il policlinico universitario di Catanzaro che per pagare i propri fornitori ci impiega una media di 946 giorni.
Debiti da capogiro
Da capogiro lo stock di debito maturato da ogni singola azienda che produce, di conseguenza, ulteriori debiti in termini di interessi passivi. L'Asp di Cosenza ha uno stock di debito scaduto e non ancora saldato al 31 dicembre 2018 pari a 243 milioni di euro, l'Asp di Crotone di 122 milioni di euro, l'Asp di Catanzaro di 57 milioni di euro, l'Asp di Vibo Valentia di 35 milioni, l'Asp di Reggio Calabria di 84 milioni di euro, l'azienda ospedaliera di Cosenza di 10 milioni di euro, l'azienda ospedaliera di Catanzaro di 53 milioni di euro, il policlinico universitario di Catanzaro di 135 milioni di euro e l'azienda ospedaliera di Reggio Calabria di 23 milioni di euro.
Lea sopra la soglia
Riesce, invece, a superare la soglia di adempienza nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Nel 2018, ultimo dato di monitoraggio disponibile, il valore è pari a 162 punti (il range di riferimento è tra 140 e 160) benchè persistano ancora serie criticità nell'area della prevenzione e, soprattutto, nel livello di adesione ai programmi di screening oncologico. In particolare, a destare preoccupazione è la bassa quota di residenti che hanno effettuato test in programmi organizzati, la Calabria in questo non raggiunge neppure la sufficienza collocandosi nell'area di "non accettabilità" con un punteggio di 2. Il valore più basso è lo screening del colon: in Calabria solo 2,80% ha aderito a programmi di screening di primo livello; 7,82% per la cervice e 7,24 la mammella.
Lo screening neonatale, questo sconosciuto
Un caso eclatante è rappresentato dallo screening neonatale. Nel dicembre del 2019 la struttura commissariale, con proprio decreto, ha approvato lo schema di protocollo di intesa tra la Regione Campania, la Regione Calabria, il Ceinge Biotecnologie avanzate e il policlinico universitario di Catanzaro per la realizzazione dello screening neonatale esteso a tutti i nuovi nati calabresi. Ma il tavolo di verifica interministeriale nel verbale chiede lumi: in particolare, chiede conto dell'annualità 2017 in cui, nonostante il ministero abbia spesato le attività relative allo screening, il servizio sanitario regionale non avrebbe erogato le prestazioni.
La convenzione con la Campania, quanto costa?
Proprio per superare questo gap il tandem commissariale ha pensato bene di chiedere aiuto alla Regione Campania e nello specifico al Ceinge, centro di ricerca, da cui acquisterà le prestazioni di analisi. I due ministeri affiancanti vogliono vederci chiaro: "Atteso che la validità del protocollo è riferita ad un biennio, si chiede alla struttura commissariale se e come intene attivarsi affinchè alla scadenza dell'accordo le strutture calabresi possano essere in grado di erogare tali prestazioni senza la necessità di rivolgersi all'esterno. Si chiede poi alla struttura commissariale di informare in merito ai costi complessivi che tale modalità di erogazione del servizio comporta, compresi i costi di trasporto".