In dieci anni si sono enormemente ridotte le possibilità di cura in Calabria, fenomeno che ha di conseguenza alimentato la spirale della fuga verso altre regioni d’Italia. È questa la conclusione a cui giunge il report realizzato da un team di ricercatori del Censis e dell’associazione Italiadecide elaborando i dati del ministero della Salute e dell’Istat.

Un decennio di tagli alla sanità in Calabria

Un rapporto che traccia l’evoluzione e lo stato di salute della sanità in Italia ma da cui emergono anche dati impressionanti sul progressivo depauperamento dell’assistenza in Calabria e, in particolare, sulla capacità degli ospedali di farsi carico dei pazienti. Dal 2010 al 2020 il servizio sanitario regionale ha, infatti, perso 1.889 posti letto, una percentuale tra le più alte d’Italia (-24%) e seconda solo al Molise (-28%), non a caso, insieme alla Calabria, sottoposto alla cura da cavallo del piano di rientro.

La cura da cavallo

In termini di suddivisione territoriale, il sud e le isole hanno subìto un taglio più drastico di posti letto. Dopo la Toscana (-13,5%), quarta si piazza la Sardegna (-12,5%), poi la Provincia autonoma di Trento (-11,7%) e si ritorna di nuovo a sud con la Puglia (-9,4%) e la Basilicata (-6,9%). Tra quelle che hanno, invece, aumentato considerevolmente il numero dei posti letto e, quindi, la capacità di fornire risposte assistenziali ai pazienti vi è il Piemonte (+30%), la Lombardia (+25,8%) e le Marche (+25%).

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La fuga dei pazienti verso Nord

Nel report, tra le cause della mobilità si annovera, appunto, questa riconfigurazione della sanità negli ultimi dieci anni «che nel Mezzogiorno non sembra essere in grado di offrire i posti letto necessari alle esigenze della popolazione». Tra il 2010 e il 2020 si è, infatti, assistito ad un moderato aumento dei posti letto in Italia, si legge sempre nel rapporto del Censis, pari a 10.500 posti «ma con significative differenze a livello regionale e nel numero dei posti letto per 1.000 abitanti».

Perché le regioni settentrionali sono più attrattive

«Se, infatti, Lombardia, Piemonte e Marche hanno incrementato di oltre un quarto i posti letto disponibili, Molise e Calabria hanno subìto una riduzione pari al 28,3% e al 24,1%. La capacità attrattiva del Nord dipende, dunque, anche da questa riconfigurazione territoriale». Per il team di ricercatori «la ristrutturazione dei presidi sanitari e anche la diversificazione dell’offerta sanitaria, quale può essere l’aumento dei posti letto destinati a ricoveri brevi, può essere la chiave per evitare la migrazione al nord dei cittadini delle regioni del sud».

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I numeri dell'emigrazione sanitaria  

E invertendo l’ordine degli “addendi” il risultato non cambia, anzi, sembra asseverare l’assunto dei ricercatori. Dopo la flessione registrata nel 2020, per effetto della pandemia, nel 2021 l’emigrazione ospedaliera ha ripreso la sua corsa e, soprattutto, nel Mezzogiorno «tornando a superare leggermente il 10%. Se Basilicata e Calabria superano il 20% e il Molise sfiora il 30%, al contrario la provincia autonoma di Bolzano e sia pure di poco la Lombardia sono sotto il 5%».

Costi sanitari in aumento

Un ulteriore elemento poi che, secondo il report, accresce i divari territoriali e aggrava i costi sanitari, in particolare, al sud Italia è la bassa natalità e il progressivo invecchiamento della popolazione. «Fra il 2016 e il 2023 le regioni meridionali hanno visto una diminuzione del 4% dei loro residenti, pari a poco più di 815.000 unità, corrispondenti a una città poco più piccola di Torino» scrive il team di ricercatori, mentre nel resto d’Italia la flessione è stata decisamente più contenuta.

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Popolazione di over 65...

In Calabria il fenomeno, a cui si aggiunge una stabile emigrazione di giovani, si traduce in una perdita di popolazione di -19,3% dal 2015 al 2021 e del -8,8% tra il 2019 e il 2021. Tra le fasce d’età prese in esame, l’unica a crescere è quella degli over 65 con un saldo positivo del 8,52% nell’arco temporale che intercorre dal 2016 al 2023; saldo negativo, invece, per la fascia da 0 a 14 anni (-11%) e per quella dai 15 ai 64 (8,35%).

... ma sempre pochi posti letto

«È evidente che le isole e il Meridione nel futuro dovranno aumentare la quota destinata agli anziani considerando l’invecchiamento della popolazione» eppure, secondo i dati riportati nella ricerca, il sud e le isole registrano la percentuale più bassa di posti letto per l’assistenza agli anziani e un numero inferiore di strutture a questi dedicate.