VIDEO | Si conclude la nostra inchiesta sullo sperpero dei fondi Pisu, circa 40 milioni che dovevano dare una nuova via di sviluppo armonico e economico ai tre comuni dell'area portuale e che invece ha prodotto quasi esclusivamente cattedrali nel deserto e opere inserbili
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C’era un sogno, un grande progetto alle spalle: creare la “città del porto” per dare una nuova prospettiva di sviluppo armonico ed economico ai tre comuni dell’area portuale: Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando. Di quel sogno, finanziato con una quarantina di milioni di euro grazie ai Piani integrati di sviluppo urbano, i Pisu, non resta quasi niente, se non qualche cattedrale nel deserto e opere che non hanno mai visto la luce per insipienza amministrativa o per intervento della magistratura antimafia. L’inchiesta del nostro network si conclude a San Ferdinando, dove tra opere inutili e fatte a metà sono stati spesi più di 8 milioni di euro. Al centro della progettazione nel piccolo centro portuale c’era la casa dei marittimi, un albergo che doveva servire per i marinai che attraccavano nello scalo gioiese. L’amministrazione comunale ha deciso di non portare a termine l’opera.
Cosa potesse servire, infatti, un albergo di lusso per i marinai a San Ferdinando, che non dispone tra l’altro neanche di un collegamento diretto con il porto, resta un mistero. Sta di fatto che la ditta che stava facendo i lavori ha abbandonato il cantiere perché chiedeva più soldi e dal Comune hanno rifiutato.
L’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Andrea Tripodi, non ha perso i fondi e sta programmando di completare il centro dei servizi al cittadino, che sorge davanti al cantiere, e che rischia se non si fa in fretta di trasformarsi nell’ennesima incompiuta.
All’interno i muri sono stati già attaccati dalla muffa e servono lavori urgenti per non vedere deperire completamente l’immobile. Il comune vorrebbe creare uno spazio aperto per i cittadini e le associazioni, una biblioteca comunale e sala di rappresentanza,
Ai quasi 4 milioni e mezzo di euro dell’ormai ex casa dei marittimi si aggiungono i tre per il rifacimento del lungomare. L’opera è stata tutto sommato portata a termine anche se sono emerse molte criticità in sede di collaudo che hanno spinto l’ente a non pagare la ditta per l’impianto di illuminazione, i muretti sui quali campeggiano già vistose crepe e l’impianto di irrigazione del verde.
E lavori del lungomare spiegano anche quanto farraginoso e problematico sia il rapporto tra enti dello stato. La ditta appaltatrice chiede la possibilità di dare un subappalto. Il comune scrive nel gennaio 2016 per ottenere la certificazione antimafia e la prefettura risponde solo il 31 maggio. Morale: l’ente come prescrive la legge, dopo 45 giorni, dà il subappalto salvo scoprire dopo quasi 5 mesi che quella ditta era stata interdetta addirittura dal 2011.