Gli inciampi giudiziari dell’uomo che imbarazza il Pd di Torino. La prima inchiesta per le tangenti all’ospedale di Orbassano ferma la sua carriera nel Psi. Il ritorno nel Partito democratico dove governa il consenso prima del nuovo scandalo. E le accuse nell’operazione Echidna “condivise” con il catanzarese Sergi e il cosentino Anello
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La sua rete di rapporti è vastissima, tanto ampia da mettere in imbarazzo mezza politica piemontese. Di amici, il calabrese Salvatore Gallo se n’è fatti molti nei decenni passati nelle istituzioni pubbliche e nelle loro strette vicinanze.
Personaggio utile a buona parte dell’establishment del Partito democratico torinese, il suo coinvolgimento nell’inchiesta Echidna della Dda di Torino e le sue implicazioni rischiano di terremotare il Pd regionale anche se oggi quasi tutti fanno finta di non conoscerlo. È un déjà vu per un uomo che ha avuto due vite politiche, entrambe segnate da inciampi giudiziari.
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Non lo conosceva nessuno neppure quando è arrivato nel profondo Nord dalla Sibaritide. Gallo, nato a Cassano allo Jonio 83 anni fa, è originario di Oriolo ma ha costruito le proprie (alterne) fortune prima a Orbassano e poi a Torino. La vulgata politica narra che abbia iniziato come barelliere nell’ospedale del centro alla periferia del capoluogo piemontese per poi diventarne dirigente amministrativo. Una scalata fatta di pubbliche relazioni e interrotta da un’inchiesta su appalti e favoritismi nella struttura sanitaria: all’epoca - è il 1986 - Gallo è un pezzo da novanta del Partito socialista, uomo di Craxi e consigliere comunale nella Sala Rossa. Quell’indagine ferma la sua corsa politica e modifica la sua sfera di influenza.
Seconda vita, nuovi interessi: dalla sanità alle autostrade. In mezzo c’è sempre la politica. Gallo gioca un ruolo importante nella vittoria di Piero Fassino alle Primarie Pd che precedono la sua elezione a sindaco di Torino: la consultazione viene decisa da IdeaTo, associazione figlia dell’intuizione del calabrese trapiantato in Piemonte. E proprio nella giunta Fassino entra il primo figlio di Gallo, Stefano: per lui record di preferenze e delega allo Sport. Il secondo figlio, Raffaele, diventa consigliere regionale nel 2014: stimato per la propria competenza, è stato travolto suo malgrado dallo scandalo e ha scelto di rinunciare - seppure non sia indagato - alla corsa per le prossime Regionali, che avrebbe affrontato da capolista dem.
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La capacità di muovere pacchetti di voti è il tratto distintivo dell’ex barelliere. Presidente di una delle società legate da Sitaf, che gestisce la Torino-Bardonecchia, viene considerato la “corrente autostradale del Pd”: un signore delle tessere capace di spostare centinaia di preferenza e di condizionare le consultazioni interne del partito. Su Gallo piovono accuse sempre respinte al mittente: avrebbe costretto i dipendenti ad andare a votare dietro la minaccia del licenziamento.
L’accusa torna, questa volta formalizzata dai pm della Dda di Torino tra le pagine dell’inchiesta. Gallo e un altro calabrese nato a Girifalco, Salvatore Sergi, direttore del personale di Sitaf, sono accusati di aver minacciato un dipendente di Sitalfa candidato alle amministrative dell’ottobre 2021 per la circoscrizione numero 4 del Comune di Torino. All’uomo è stato chiesto di fare propaganda anche per un’altra candidata sostenuta da IdeaTo e di non aiutare nessun altro, pena il licenziamento. A un altro calabrese finito tra gli indagati - Francesco Anello, di Casole Bruzio - il signore delle tessere avrebbe assicurato il proprio interessamento per accelerare i tempi di una visita specialistica in cambio, come al solito, di voti per una candidata al Consiglio comunale di Torino.
Gallo ha costruito una rete capace di arrivare dappertutto. Per dirla con i magistrati, «in ragione della pluridecennale esperienza politica, sfruttava la propria abilità e le proprie relazioni negli ambienti istituzionali e politici ai fini di orientamento del consenso elettorale ma anche per trarre utilità per sé e per altri». Anche nella tornata elettorale del 2021 Gallo e IdeaTo riescono a far eleggere tre consiglieri comunali. La macchina elettorale funziona ma - cosa rara - i piani di Gallo non trovano l’appoggio del sindaco Stefano Lo Russo che rifiuta il nome indicato dal calabrese per l’assessorato al Bilancio. Trattativa fallita e (forse) presagio della fine di un’epoca. E della seconda vita politica del barelliere venuto dal Sud.