In una nota dell'organizzazione nata all'indomani del tragico naufragio davanti alle coste di Cutro e che riunisce oltre duecento associazioni: «Sono uomini, donne e bambini che hanno avuto la sola sfortuna di nascere dalla parte sbagliata del mondo»
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«Oggi lo stato italiano ha comunicato, alle famiglie in attesa da 10 giorni, che i corpi dei loro congiunti non potranno essere espatriati. Non a spese dello Stato. Dopo tante promesse e una attesa penosa, straziante per noi ma soprattutto per loro». È quanto si legge in una nota della Rete 26 febbraio, nata all'indomani del tragico naufragio davanti alle coste di Cutro e che riunisce oltre duecento associazioni.
«Oltretutto - si legge - non viene concesso loro neanche di avere qualche giorno per autorganizzazioni. Entro oggi le salme dovrebbero essere trasferite a Borgo Panigale. I familiari non lo accettano. Non lo permettono».
I rappresentanti della Rete 26 febbraio lanciano dunque un messaggio: «Dimostriamo che l’Italia non è questo. Che siamo migliori del governo che (non) ci rappresenta. Che crediamo in una umanità unica e unita capace di stringersi forte attorno al dolore di ogni singolo individuo. Di ogni madre, di ogni figlia».
«Sono uomini, donne e bambini che hanno avuto la sola sfortuna di nascere dalla parte sbagliata del mondo, che hanno inseguito il miraggio di una vita migliore e sono morti alla porta di casa nostra. Diamo loro, da morti, la dignità che non gli fu concessa in vita. Permettiamo che riposino secondo i loro desideri nella terra dei loro avi o vicino ai loro cari», si legge in conclusione.