Un’arma automatica in spalla, collane d’oro al collo e vestiti firmati. Dicono di essere “i numeri uno”, cantando sullo sfondo di una Rosarno desolata, con palazzine popolari cadenti e strade senza asfalto. Sta facendo discutere da alcuni giorni il video del trapper rosarnese “Glok21”, al secolo Domenico Bellocco. Aldilà del testo della canzone, nella quale spicca il solito cliché tipico di questo sottogenere musicale, fatto di ostentazione della ricchezza e esaltazione del proprio gruppo, quello che ha destato scalpore è il cognome del cantante, Bellocco appunto. Un cognome che a Rosarno ha un peso specifico nella ‘ndrangheta. Pare che Glok21 non abbia rapporti di parentela con i membri dell’omonimo, ma tant’è. Il caso è stato rilanciato da “L’Espresso” assumendo un’eco nazionale. E mentre il video sulla piattaforma Youtube vola verso le 50mila visualizzazione, si è sollevato un vespaio su Glok21 e la canzone “Numeri uno”. Tra chi si è scagliato contro il pezzo trap c’è il primo cittadino di Rosarno Giuseppe Idà.

«A nome della maggioranza dei rosarnesi – si legge in una nota diramata dal sindaco - che mi onoro di rappresentare mi sento di condannare con forza il discutibile contenuto del testo di una canzone, pubblicato qualche giorno fa, di un gruppo di ragazzi: "Glock 21"». Idà non entra nel merito alle presunte parentele di Domenico Bellocco, ma si concentra sul contenuto del testo e sul messaggio, che a suo dire, Glok21 avrebbe voluto veicolare. 

«Il ritornello della pseudocanzone recita "siamo i numeri Uno" – aggiunge il sindaco - In realtà i numeri uno sono quelle ragazze e quei ragazzi impegnati nello studio, nel volontariato, nello sport e nell'associazionismo sociale. Quei cittadini che credono nella cultura, nella legalità, nel rispetto reciproco e nelle regole della civile convivenza. Sono quelle persone che col loro impegno quotidiano alimentano la speranza di vivere in un Paese finalmente libero dal giogo della Ndrangheta e le sue malefatte. Sono loro i nostri numeri uno! Ostentando ricchezza ed inneggiando all'uso di armi e violenza, non fate altro che rappresentare una città nella quale regna il caos e la cultura della sopraffazione. Rosarno non è quello che avete tentato di rappresentare e non ha bisogno di ulteriore cattiva pubblicità. Ai giovani della mia città dico studiate ed impegnatevi con onestà e sacrificio per raggiungere i vostri traguardi, state alla larga dal mito dei facili guadagni ed ambite a un futuro fatto di legalità».

 

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