Siamo abituati a vederle battere sulle nostre strade. Svestite anche quando le temperature sfiorano lo zero, con negli occhi un’espressione vuota, quasi persa. Si vendono per 30, massimo 50 euro. Sono le giovani nigeriane che affollano le strade di Rossano, Corigliano, Lamezia. Pochi conoscono però il meccanismo criminale che le manipola, il sistema di violenze e suggestioni all’interno di cui sono costrette. A tirarne le fila la Black Axe, l’Ascia Nera, la mafia nigeriana, di cui il collega Arcangelo Badolati, all’interno di un’inchiesta pubblicata dalla Gazzetta del Sud, ripercorre meccanismi e angherie.

 

Le loro catene iniziano ben prima di arrivare in Italia quando finiscono nelle mani dei padrini dell’Ascia Nera con i quali concordano di ripagare le spese di viaggio per arrivare in Italia vendendo il proprio corpo. Cinquanta mila euro la somma che i capibastone millantano di dovere impiegare per portarle in Italia. Le donne vengono affidate ad un intermediario che le accompagnerà tramite i vari paesi africani, fino alla Libia e, quindi, in Italia dove ad accoglierle troveranno una Madam. E’ lei la figura femminile deputata ad istruirle su come prostituirsi e a requisire a fine giornata quanto raccolto per ripagare il viaggio dalla Nigeria.

Per mantenere le ragazze sotto tensione e soffocare i loro tentativi di ribellione, l’Ascia Nera usa le violenze psicologiche e fisiche. Adopera picchiatori professionisti, il cui compito è ammansire le ribelli. Arriva a minacciare di morte i parenti rimasti in Nigeria e a fare riti vodoo. Un coacervo di violenze, ritorsioni e riti magici che fanno sì che siano poche coloro che si rivolgono alle forze dell’ordine.

 

Tiziana Bagnato