Il rischio sismico e il franco navigabile, il progetto spezzatino e la commissione Via imbottita di politici e amministratori di centro destra. E ancora le mancate prove su cavi e il giallo sulla collaborazione con l’Ingv. C’è di nuovo il ponte sullo Stretto sotto i riflettori di Report che con “il ponte a tutti i costi” mette in ordine le tante contraddizioni che, negli anni, sono andate di pari passo con le progettazioni, gli aggiornamenti e i giudizi di fattibilità dell’opera che sogna il collegamento stabile tra la Calabria e la Sicilia.

E mentre le mulattiere calabresi che servono il territorio della provincia di Reggio – storia di qualche giorno fa – continuano a perdere pezzi, le attenzioni (e i soldi) del Governo continuano a essere drenati verso il ponte, ormai diventata opera bandiera del Ministro leghista alle infrastrutture Matteo Salvini.

È il rischio sismico a catalizzare buona parte dell’inchiesta di Report, con l’ex capo della protezione civile calabrese e ricercatore al Cnr, Carlo Tansi che ha ricordato l’estrema vulnerabilità dell’area dello Stretto sotto il profilo del rischio terremoti. Soprattutto in relazione alla faglia (registrata dall’Ispra e presente anche negli elaborati del progetto) che l’università di Catania ha rinvenuto negli anni scorsi e su cui dovrebbe essere costruito uno dei due giganteschi piloni (di 400 metri d’altezza, poco meno delle vecchie Torri Gemelle di New York) del ponte. «La faglia attiva è una discontinuità nel terreno – ha detto il geologo intervistato dalle telecamere della corazzata Rai dell’informazione – nessuno andrebbe lì a costruire la propria casa».

E sempre sul rischio sismico, a metterci il carico da 11, è il direttore dell’Ingv Carlo Doglioni che ha ricordato come nell’area dello Stretto, solo negli ultimi anni, si siano registrate oltre 6mila scosse di terremoto, ribadendo come la Stretto di Messina non abbia mai formalizzato una collaborazione ufficiale con l’istituto da lui diretto.

E poi i cavi che dovranno sostenere l’impalcato che, secondo il professore Antonino Risitano, già preside del dipartimento di ingegneria all’università di Catania, non sarebbero stati sottoposti alle necessarie prove tecniche: «se cede un cavo, cede il ponte» – ha detto causticamente Risitano.

Nella puntata “spiegone” realizzata da Report, è tornato alla ribalta anche il problema dell’altezza del ponte che potrebbe tagliare fuori dal traffico nello Stretto le navi, sia quelle container che le sempre più mastodontiche navi da crociera. Quello del franco navigabile – l’altezza massima del ponte – è un problema a cui più volte associazioni ambientaliste e di cittadini si sono appellati, sottolineando come il ponte stesso, in molte occasioni possa diventare un muro in grado di tagliare in due lo Stretto. Un problema che potrebbe avere effetti devastanti sulle economie del porto di Gioia Tauro, uno dei più importanti in Europa per la movimentazione del container, e sulla croceristica nelle città di Reggio e, soprattutto, Messina. Secondo quanto ricostruito da Report, solo nel 2024, sarebbero state 20 le navi impossibilitate ad attraversare lo Stretto.

A completare il desolante scenario affrescato dalla trasmissione di Ranucci poi, ecco la Rocksoil, la società riconducibile all’ex ministro Lunardi (considerato uno dei padri del ponte al tempo del Governo Berlusconi) che risulta tra le società che hanno certificato la validità degli aggiornamenti del progetto forniti dal costruttore Webuild.