«Che tutti mazzettisti sono…». Sì, una generalizzazione forse eccessiva. Ma tant’è. Con candore, ed una buona dose di rassegnazione, Giovanni Giamborino, il presunto faccendiere del superboss Luigi Mancuso, ammetteva anche a Saverio Razionale, eminenza del crimine organizzato vibonese capace di costruirsi un piccolo impero a Roma, che se c’era da riscuotere, per ungere i meccanismi e assicurare speditezza ad una pratica, lì al Comune di Vibo Valentia c’era chi non guardava in faccia a nessuno.

Ammetteva - Giamborino - che s’era dovuto adeguare, lui che si muoveva con disinvoltura, stringeva mani e risolveva problemi anche per i big dell’onorata società: almeno al momento questo dicono Dda, carabinieri e il giudice terzo che l’ha fatto arrestato. Quella frase («Che tutti mazzettisti sono…») rientra in una delle diverse conversazioni che chiamano in causa l’allora comandante della Polizia municipale di Vibo Valentia Filippo Nesci per un presunto accordo corruttivo che Giovanni Giamborino sarebbe stato costretto a stipulare per non avere intoppi sulla costruzione di un immobile, nei termini che auspicava, a piazza Fleming, nel centro di Vibo Valentia.

 

E per chi non paga? Per chi non s’adegua? Ammesso che le lagnanze dell’uomo sospettato di essere il factotum del “capo dei capi” della ‘ndrangheta vibonese siano fondate – perché, precisiamo, Filippo Nesci, benché indagato in “Rinascita Scott”, è innocente fino a prova contraria e fino al terzo grado di giudizio – la conseguenza sarebbe quella di «uscire pazzi». Giamborino lo spiegava, senza troppi fronzoli, in un’altra conversazione: «Che ne sai - diceva ad un suo interlocutore - che se no mi faceva uscire pazzo… Devi cedere…». In pratica, se non si pieghi al sistema, la burocrazia sa come metterti i bastoni tra le ruote e portarti alla follia.

 

Sono accuse, queste, che vanno provate in un processo, ovviamente. Ma il capo d’imputazione elevato dal pool di Nicola Gratteri all’epilogo dell’inchiesta “Rinascita”, esclusa l’aggravante mafiosa in seguito al Tribunale del Riesame (in effetti, fossero vere queste circostanze, perfino la mafia sarebbe stata “vittima” del sistema tangentizio in certe sacche della pubblica amministrazione) lascia aperti degli inquietanti interrogativi che investono drammaticamente il Comune capoluogo, lo stesso sul quale – dal passato all’attualità – indaga la Direzione distrettuale antimafia, con il pm Antonio De Bernardo.

 

È l’inchiesta la cui esistenza è divenuta di dominio pubblico dopo il blitz della Guardia di finanza nel Municipio di Vibo Valentia, che ha acquisito numerosi atti amministrativi di diversi settori. Il dubbio, per il pool di Gratteri, è che più di qualcosa non torna nella burocrazia di Vibo Valentia. Ci sono le intercettazioni, ci sono alcune dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. E ci sono le carte.

 

E la politica? Al netto degli amministratori indagati o anche solo tirati in ballo per situazioni quantomeno imbarazzanti tra gli atti dell’inchiesta che potrebbe presto condurre ad un nuovo “maxi”, che rapporti hanno avuto i “politici” con l’oligarchia burocratica che da lustri governa la città di Vibo Valentia?

 

È, questo, uno dei fronti aperti sui quali, si spera, quanto prima le indagini possano fare piena luce.

 

 

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