«L’avvocato Francesco Stilo si stava occupando della rivalutazione della pericolosità sociale di Francesco Antonio Pardea. Fu per questo che, nel 2019, mi suggerì di andare a recuperare il mio casellario giudiziario, perché diverse volte fui fermato insieme a Pardea. Stilo non fu mai il mio difensore». Tocca all’avvocato Paola Stilo controesaminare il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena al maxiprocesso Rinascita Scott. La penalista – unitamente al collega Pietro Chiodo – assiste il fratello Francesco, considerato dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro come uno dei colletti bianchi a disposizione delle cosche.

E ancora: «Nello stabile in cui aveva lo studio l’avvocato Stilo, c’erano anche altri inquilini, diversi dei quali conosco. A quanto mi risulta lo studio dell’avvocato Stilo era sempre in via Fortunato, numero 22. Confermo che su suggerimento dell’avvocato Stilo fu redatto un documento falso attestante un’attività di volontariato, con data retroattiva rispetto al rilascio, di Francesco Antonio Pardea. Quindi questa dichiarazione, che fu fatta grazie ad un mio intervento, venne firmata davanti a me e poi consegnata all’avvocato. Lui ci assicurò che il casellario di Pardea sarebbe uscito integro, perché aveva un amico che poteva fare questo».

Sempre Arena: «Io non ho letto sulla stampa del 7 gennaio 2017 il fatto, lamentato da Stilo, che avesse ritrovato delle microspie nel suo studio. Io l’ho saputo direttamente da lui, dopo che ha denunciato alla Procura di Salerno e prima che lo comunicasse alla stampa. Io ricordo di averlo saputo nell’autunno del 2016. Diceva che non era una cosa legale. Noi andavamo spesso a trovarlo e fu lui a notiziarci di questo. Più avanti ne parlammo anche con Vincenzo Barba».

Il passaggio più delicato del controesame riguarda gli «incontri riservati» tra lo stesso penalista e diversi boss del Vibonese: «Per come mi disse Pardea, ma anche lo stesso avvocato Stilo non ne faceva mistero, diversi boss si incontravano nel suo studio. Alcuni come Peppone Accorinti, Saverio Razionale e Paolino Lo Bianco avevano rapporti avvocato-cliente, altri non lo so. Posso dire che si incontravano lì, ma non sapevo il contenuto delle loro conversazioni. Una volta ho accompagnato Pardea dall’avvocato Stilo affinché incontrasse Saverio Razionale, ma non ricordo di cosa hanno parlato. Io restavo sempre in un’altra stanza con l’assistente dell’avvocato. Fu l’avvocato Stilo a dirci che accompagnava Accorinti ad incontrare soggetti pregiudicati».

L’avvocato Paola Stilo quindi indica una lunga sequenza di nomi di noti boss e presunti boss del Vibonese chiedendo se il collaboratore fosse a conoscenza di eventuali rapporti illeciti tra gli stessi e Francesco Stilo: «No lo so», la risposta reiterata.

Al termine del controesame, le dichiarazioni spontanee dello stesso imputato Stilo: «Vengo accusato di aver ospitato i summit di sei presunti ‘ndranghetisti, per come dichiarato dallo stesso Arena. È falso. Intanto perché nulla poteva avvenire prima del 6 gennaio 2017, quando denunciai di aver rinvenuto le microspie nel mio studio perché sarebbe stato registrato. E poi come potevano esservi summit tra queste persone se questi erano detenuti in periodi diversi?».

Sul punto, lo stesso Stilo ha chiesto opportune verifiche all’ufficio di Procura, rappresentata oggi in aula dal pm Antonio De Bernardo. E ancora: «Io non ho mai conosciuto Gregorio Gasparro che il collaboratore dice di aver visto nel mio studio. Io l’ho conosciuto solo in carcere, dopo che sono stato arrestato». E poi: «Se io facevo i summit nel mio studio, perché non è stato registrato dalle intercettazioni video e audio che sono proseguite nel mio studio anche dopo il 2017?». Sottolineando di avere «282 clienti», Francesco Stilo ha sciorinato tutta una serie di elementi «documentali» che andrebbero a «smentire» una parte delle dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia.