L’emergenza sanitaria determinata dalla pandemia provoca l’assenza forzata del presidente titolare Brigida Cavasino e del giudice a latere Claudia Caputo ma non ferma il maxiprocesso. È il giudice Gilda Romano a presiedere il collegio del maxiprocesso Rinascita Scott in diversa composizione, affiancata dalle colleghe Francesca Loffredo e Germana Radice, applicate dalla sezione civile del Tribunale di Vibo Valentia. In apertura dell’udienza, gli avvocati Rosa Giorno, Paride Scinica, Giuseppe Artusa, Eugenio Biamonte, Maria Teresa Prestanicola, Francesco Schimio, Domenico Soranna e Luca Cianferoni, anche nell’interesse di altri colleghi e dei vari assistiti, avevano sollevato eccezioni opponendosi alla prosecuzione dell’istruttoria dibattimentale, sollevando eventuali profili di nullità degli atti compiuti fino alla sentenza di primo grado. Posizione diversa quella espressa dall’ufficio di Procura rappresentato dal pm Anna Maria Frustaci. All’esito del contraddittorio delle parti e dopo una breve camera di consiglio, il collegio giudicante ha disposto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ed il procedersi oltre.

L’estorsione ad Annunziata

Prosegue così l’esame del comandante del Reparto anticrimine del Ros di Catanzaro Giovanni Migliavacca. Il pm Frustaci invita il teste ad illustrare i riscontri acquisiti sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella, in relazione all’estorsione compiuta nei confronti di Alfonso Annunziata, il ras dell’abbigliamento che gli inquirenti ritengono legato a doppio filo ai Piromalli di Gioia Tauro. Una vicenda estorsiva datata, che avrebbe visto protagonisti in particolare Francesco Scrugli, braccio destro di Mantella assassinato nel marzo del 2012, e presunti esponenti del clan Fiaré di San Gregorio d’Ippona. Il primo riscontro al narrato del pentito è la denuncia di un danneggiamento, consumato nel maggio del 2011 attraverso un incendio subito da Annunziata a Vibo Valentia. «La richiesta estorsiva era pari a 24.000 euro complessivi», spiega il tenente colonnello Migliavacca. Ed il riscontro a ciò è in una intercettazione che aveva come bersaglio Angelo Restuccia, imprenditore considerato vicino al clan Mancuso, già coinvolto in un procedimento penale per mafia istruito dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. La «mazzetta» doveva essere ripartita in due tranche, da consegnare nelle in due momenti precisi dell’anno: «Ad agosto e Natale, lo dice Angelo Restuccia facendo riferimento a ciò di cui aveva discusso con Luigi Mancuso, dal quale aveva accompagnato Alfonso Annunziata». Restuccia fa riferimento anche ad altri soldi che dovevano essere consegnati, sempre a titolo estorsivo, pure da altri imprenditori. Tra i riscontri alle parole di Mantella sull’estorsione subita da Annunziata, anche le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, che ha fornito una versione praticamente sovrapponibile: «Mantella mandante della richiesta estorsiva, Francesco Scrugli esecutore ed esattore, Francesco Fiaré, figlio di Filippo, medico dentista, e Gregorio Giofré, mediatori per scongiurare che vi fossero ulteriori danneggiamenti».

Gli imprenditori da Luigi Mancuso

Le intercettazioni su Angelo Restuccia aprono un mondo anche su quegli imprenditori che si sarebbero recati da Luigi Mancuso per non meglio specificati motivi: «Faceva riferimento a “quelli delle navi e dei traghetti di Villa San Giovanni” – spiega l’ufficiale dell’Arma – che i colleghi della Guardia di finanza identificano nella Caronte & Tourist. Questa circostanza è emersa nell’incontro che lo stesso Restuccia ebbe con Mancuso, anche alla presenza dell’imprenditore-avvocato Vincenzo Renda (imputato e assolto nel parallelo giudizio abbreviato di Rinascita Scott, ndr), per dirimere la questione inerente i lavori al villaggio Baia di Riaci di Santa Domenica di Ricadi, che era dello stesso Renda». I lavori al Baia di Riaci, in pratica, secondo l’analisi investigativa del Ros, sarebbero stati “appaltati” dal presunto capo del Crimine di Vibo Valentia proprio ad Angelo Restuccia, che sarebbe così stato favorito rispetto ad altri imprenditori dell’edilizia. Lavori poi eseguiti, completati e, al contempo, monitorati dal Ros anche attraverso le captazioni delle conversazioni tra e degli stessi Renda e Restuccia.

La fila dal… medico

Per la fila che aveva alla sua porta, il costruttore indicava Luigi Mancuso come «il medico». Egli avrebbe gestito – sempre sulla scorta della interpretazione delle intercettazioni – grandi affari, dall’eolico alla costruzione del nuovo ospedale di Vibo Valentia, i cui lavori furono promessi allo stesso Restuccia, previa una diretta intercessione del superboss presso «quelli di Catania», che avrebbero gestito i subappalti una volta vinta la gara. Per beneficiare dei buoni uffici del capomafia – secondo l’analisi delle captazioni – Restuccia portava soldi. E talvolta si offriva di consegnare anche somme di denaro provenienti da altri imprenditori vittime di estorsione. «Parlava di Carmine – spiega il tenente colonnello Migliavacca – che i colleghi della Guardia di finanza identificano in Carmine Sardanelli». A dimostrare il flusso di imprenditori e soldi da Mancuso – evidenzia ancora il comandante del Ros – anche le intercettazioni ambientali acquisite nell’ambito del procedimento denominato Chain, sul Mitsubishi Pajiero di Francesco Michelino Patania, dalle quali emergeva, appunto, come Angelo Restuccia avesse una sorta di canale preferenziale, versando storicamente «trenta milioni di lire all’anno».