Nell’inchiesta un intero capitolo è dedicato al politico vibonese di Forza Italia ed ai suoi legami con alcuni degli arrestati nell’operazione antimafia
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Fa luce anche sul sostegno elettorale che il clan Mancuso avrebbe fornito a diversi candidati alle elezioni comunali, e soprattutto regionali, l’operazione Rinascita-Scott della Dda di Catanzaro. Interi capitoli dell’inchiesta sono dedicati proprio ai rapporti fra la ‘ndrangheta e la politica e molti passaggi sono contenuti nella stessa ordinanza di custodia cautelare e rimarcati dal gip distrettuale.
È infatti il giudice per le indagini preliminari, Barbara Saccà, a sottolineare che “nel corso delle indagini sono emersi anche i rapporti con Salvatore Bulzomì, soggetto politico sostenuto dalla cosca, legato a Gianfranco Ferrante”, quest’ultimo fra i principali arrestati con l’accusa di associazione mafiosa, usura, intestazione fittizia di beni, tentata estorsione e di concorso nell’omicidio di Nicola Lo Bianco (figlio del boss Carmelo Lo Bianco, “Sicarro”, scomparso per lupara bianca nel 1997). In particolare, Gianfranco Ferrante (già coinvolto nel 2017 nell’operazione “Robin Hood”) è accusato di essere vicino al boss di Limbadi Luigi Mancuso.
Salvatore Bulzomì e Vincenzo Renda
In primis, il nome di Salvatore Bulzomì emerge dalle parole di Vincenzo Renda, 49 anni, avvocato ed imprenditore di Vibo Valentia, arrestato (passato ai domiciliari) in Rinascita-Scott per associazione mafiosa (clan Mancuso). Salvatore Bulzomì era stato infatti “mandato” da Renda per riparare una serie di situazioni debitorie.
Da questo rapporto, ad avviso del gip, si comprende “l’asservimento costante di Vincenzo Renda alla cosca Mancuso in cambio della protezione del boss Luigi Mancuso e dell’assicurazione di lavori più importanti. Invero, Renda avrebbe fatto lavorare Bulzomì affinché, con il provento dei lavori, potesse riappianare la sua situazione debitoria nei confronti di Gianfranco Ferrante. Dalle intercettazioniè così emerso che sovente Bulzomì ha “chiesto aiuto economico a Renda che ha pagato in suo favore dei bonifici, mentre in altra conversazione Renda avrebbe minacciato Bulzomì di recedere da un contratto d’appalto con lo stesso per le sue inadempienze, ricevendo da Bulzomì una risposta risentita”.
I lavori di Bulzomì a Serra San Bruno
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, oltre ai lavori della struttura denominata “Baia di Riaci”, in data 26 marzo 2015, Genco Carmela (madre di Renda Vincenzo), in qualità di proprietaria di unità immobiliari a Serra San Bruno in via Alfonso Scrivo, richiedeva al Comune di Serra il rilascio di un permesso a costruire. Tale investimento da parte di Genco Carmela e Vincenzo Renda “rientrava – sottolinea la Dda – in una più ampia cornice di investimenti nel settore immobiliare ed in particolare in quello turistico; investimenti finanziati grazie ai fondi pubblici – dell’ammontare di diversi milioni di euro – rientranti nel c.d. “Contratto di Sviluppo per la tutela ambientale”, ottenuto per sovvenzionare il c.d. Programma “Gierre Hotels”, in funzione del quale erano stati avviati non solo i lavori per la riqualificazione e riattivazione della struttura ricettiva di Ricadi, da trasformare in un albergo a 4 stelle (villaggio a Baia di Riaci ), ma anche per quella situata a Serra San Bruno, destinata ad ospitare una residenza protetta di assistenza per anziani e disabili”. Così come appaltati ed avviati risultavano i lavori a Vibo Valentia e Pizzo Calabro, per recuperare rispettivamente un immobile da destinare ad attività congressuale e realizzare un hotel a cinque stelle.
L’impresa esecutrice dei lavori di Serra San Bruno è risultata essere la “Adr Edilizia srl” con sede legale a Vibo Valentia, via Giovanni Paolo II, il cui amministratore unico risultava essere Salvatore Bulzomì. Tale rapporto lavorativo aveva inizio in data 24 agosto 2015 e terminava intorno al giugno 2016, a struttura non ancora ultimata, venendo sostituita con altre imprese edili.
Circa l’affidamento dei lavori all’impresa di Salvatore Bulzomì, era lo stesso Vincenzo Renda che spiegava chiaramente di non averla scelta per le qualità professionali: “Allora là c’ho Bulzomì perchè …diciamo come impresa pilota, ma molti lavori non glieli sto facendo fare a lui …”, bensì perché “Mi fu mandato” al fine di aiutarlo economicamente, in quanto indebitato: “Salvatore è uscito dalla politica, dalla campagna elettorale, e lo mandiamo a Serra per riparare i debiti” con Gianfranco Ferrante.
I voti per Salvatore Bulzomì
“Dalle operazioni di intercettazione e servizi sul campo emergeva che sin dal mese di settembre del 2014 – quindi tre mesi dopo l’inizio dell’irreperibilità di Luigi Mancuso – Gianfranco Ferrante si stava adoperando per il procacciamento di voti necessari per la rielezione di Salvatore Bulzomì, ascrivibile in parte anche ad un suo interesse personale, in quanto il segretariato generale del Consiglio Regionale della Calabria, con determina n.75 del 13 marzo 2014 conferiva in data 10 febbraio 2014 alla figlia Jessica Ferrante (cl. ’92), l’incarico di Responsabile al 50% della struttura dell’on.le Bulzomì Salvatore”.
Per gli inquirenti è risultato “fattivo e concreto l’impegno profuso da Gianfranco Ferrante nel procacciamento di voti in favore dell’allora consigliere regionale, Salvatore Bulzomì, candidato nelle liste del partito politico “Forza Italia” alle elezioni del Consiglio regionale della Regione Calabria del 23 novembre 2014. Certamente – sottolinea la Dda – tale impegno era finalizzato ad ovviare all’inevitabile risoluzione del contratto conseguente alla conclusione anticipata della legislatura”.
Nonostante l’impegno profuso ed ai “voti raccolti in suo favore grazie all’appoggio accordatogli da Gianfranco Ferrante, animato ovviamente da interessi suoi personali, ma anche – evidenzia la Dda – dell’intera cosca Mancuso, nelle elezioni regionali del 23 novembre 2014 Salvatore Bulzomì non riusciva ad essere rieletto.
Le elezioni a Sant’Onofrio
Fuori dal Consiglio regionale, era però Vincenzo Renda – intercettato – a spiegare nel gennaio 2016 al suo interlocutore che Salvatore Bulzomì si sarebbe candidato nel maggio del 2016 a sindaco di Sant’Onofrio. “Lui si candida a Sant’Onofrio come sindaco…a maggio si vota…, con una lista civica … però c’è Mangialavori …che gli fa la lista contro …”. Renda e altro imprenditore, secondo i carabinieri del Ros, “parlavano quindi delle alleanze politiche di Mangialavori e Salerno, delle elezioni comunali che verranno e degli eventuali cambi dei piani regolatori”. Anche dalle amministrative di Sant’Onofrio, però, Salvatore Bulzomì – già vicesindaco di Vibo – è uscito sconfitto.
L’incontro fotografato dal Ros
Importanti sviluppi investigativi potrebbe avere un incontro monitorato dai carabinieri del Ros il 4 settembre del 2014 a Vibo Valentia. Bulzomì – all’epoca consigliere regionale – in tale data è stato infatti fotografato mentre si incontrava con Gianfranco Ferrante, con l’imprenditore di Gioia Tauro Rocco Delfino (anche lui arrestato in Rinascita-Scott), con Emanuele La Malfa di Limbadi (pure lui coinvolto in Rinascita), con un imprenditore vibonese e con altro soggetto di Gioia Tauro ritenuto legato al clan Piromalli e presente pure in alcuni incontri con Luigi Mancuso. E le sorprese – specie su tali ultime due figure allo stato, al pari di Bulzomì, non indagate in Rinascita-Scott – potrebbero non mancare…