Sarebbe stata sufficiente la “parola” per portare a casa estorsioni per cifre consistenti. Così accadeva a Vibo Valentia sino a pochi anni fa. Per chi non si piegava arrivavano le lettere anonime a volte accompagnate dai proiettili. Parola di Bartolomeo Arena che, nel corso del controesame dell’avvocato Alessandro Diddi, ne ha dato conferma nel maxiprocesso Rinascita Scott.

Arena e le estorsioni al dirigente della Vibonese calcio

E nel “mirino” di Arena sarebbe finito anche un dirigente della Vibonese calcio. “Io andavo direttamente da una persona che sapevo avesse disponibilità economica, che magari mi conosceva e avevamo un bel rapporto e gli chiedevo se mi dava 10, 15mila euro e lui me li dava sia per amicizia e sia perché magari poi avrebbero potuto a loro volta avere bisogno. Bastava che io andassi con la bella parola: “Ciao, come stai? Vedi che mi servono 20mila euro”. Questo me li dava e per me – ha affermato Arena – non era estorsione, poi indubbiamente non era così, perché i soldi non è che me li dava per e ero simpatico, ero bello, me li dava in virtù dell’appartenenza. E poi sapeva che se avesse bisogno di qualcosa si sarebbe potuto rivolgere a me. I soldi venivano consegnati in contanti, come nel caso di un imprenditore del calcio, Danilo Beccaria, che era dirigente della Vibonese.

Arena: «I soldi per i parenti usciti dal carcere»

Io sono andato perchè lo conoscevo – ha spiegato Arena – ed ho detto che avevamo bisogno di soldi perché c’erano diversi miei parenti che erano usciti da poco dal carcere, se ci poteva aiutare e insomma nel giro di un paio d’anni, diciamo, mi ha dato intorno 50, 60mila euro, ora non mi ricordo di preciso. Poi una volta mi ricordo che aveva avuto un problema con un giocatore perché non se ne voleva andare, oppure gli voleva mettere l’avvocato, e mi aveva detto se io potevo intervenire su questo. Io ho detto: “Sì, sì, che posso intervenire. Me la vedo io. Dimmi chi è che me la vedo io”. Poi però ha fatto diversamente e non è successo nulla. Il giocatore non mi ricordo chi era. È successo perché un giorno mentre Beccaria mi stava dando un’altra tranche di soldi, gli domandavo come era, come non era, se era tutto a posto e lui mi ha detto che aveva un po’ di problemi con un giocatore, che gli stava creando un poco di problemi e io gli dissi: “Ma guarda che risolvo io”. Lui mi rispose: “E in caso ti faccio sapere, perché mi sta dando parecchi problemi”. Poi però non mi chiamò mai, quindi deduco che l’abbia risolta lui in un modo civile”.

Domanda dell’avvocato Alessandro Diddi: “E poi questi soldi lei li ha tenuti per sé o li ha suddivisi? Risposta del collaboratore Bartolomeo Arena: “Per le estorsioni che chiudevo io era una questione mia, nel senso che io prendevo una parte, poi l’altra la suddividevo con gli altri. Poi siccome ci siamo accorti che Domenico Macrì e altri quando prendevano qualche estorsione si tenevano i soldi per loro abbiamo deciso in quella fase, io e Francesco Antonio Pardea, di dividere praticamente solo con Francesco Antonio Pardea quelli grossi”. Nel caso dell’estorsione a Beccaria, tuttavia, siccome si trattava di una cifra consistente, Bartolomeo Arena ha quindi spiegato che in un’occasione diede 2, 3mila euro anche a Salvatore Morelli.

“Questa è stata l’estorsione più grossa e facile – ha dichiarato Arena – perché senza fare nessuna intimidazione, senza andare a minacciare nessuno, in due anni , forse meno, abbiamo preso 60mila euro”.

Arena e i figli del politico Ranieli presi di mira 

I tentativi di estorsione a Vibo città non avrebbero risparmiato niente e nessuno. Il gruppo di Bartolomeo Arena, Francesco Antonio Pardea (in foto), Salvatore Morelli e Domenico Macrì avrebbe preso di mira anche i figli dell’avvocato ed ex parlamentare ed assessore regionale dell’Udc Michele Ranieli. La vicenda spunta fuori nel corso del controesame dell’avvocato Alessandro Diddi.

“Riunioni per pianificare attività criminali – chiede l’avvocato – dal 2016 in poi ne venivano fatte”? Questa la risposta di Bartolomeo Arena: “Sì, ne abbiamo fatte, come no! E ho partecipato io e molte tentate estorsioni sono partite di mio pugno pure. Mandavamo le lettere con una cartuccia calibro 6 e 35, io le facevo scrivere a macchina presso l’Eurospin da Michele Manco, che era un altro soggetto appartenente al nostro gruppo e in altre occasioni le scrivevo a normografo, solo che ci mettevo troppo tempo e mi ricordo che Michele Manco mi disse: “Ma guarda che le posso stampare direttamente io da un computer dell’Eurospin“ e così abbiamo fatto e le abbiamo mandate a diverse parti. Le abbiamo mandate tipo da Mirabello quello che vendeva all’ingrosso bevande e alimentari, a un’altra impresa edile penso che si chiami Cammarata, l’abbiamo mandata a un dentista, un’altra volta l’abbiamo mandata alla trattoria “Tipik”, che sarebbe del figlio di Michele Ranieli, quello che una volta faceva il politico a Vibo. Un’altra volta sempre per, come ripercussione, come intimidazione a loro, questi proiettili – ha concluso Bartolomeo Arena – li abbiamo messi pure a casa della figlia che abitava a Moderata Durant, di nome si chiama Evelin”.

Un “fiume in piena”, dunque, Bartolomeo Arena, le cui dichiarazioni – molte ancora omissate – aspettano ora di essere confermate o smentite dalle stesse vittime delle estorsioni o delle tentate estorsioni.