Una strategia stragista comune fra ‘ndrangheta e Cosa Nostra, iniziata con l’omicidio del sostituto procuratore generale della Cassazione, Antonino Scopelliti, ucciso a Campo Calabro nell’agosto del 1991, per non essersi piegato a volieri dei mafiosi siciliani dovendo rappresentare la pubblica accusa  con la mafia siciliana nell’ultimo grado di giudizio, proseguita con gli omicidi dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e poi con gli attentati a Roma, Firenze e Milano e quindi terminata con la nascita di Forza Italia, formazione politica a favore della quale le organizzazioni mafiose di Calabria e Sicilia decisero nel 1994 di dirottare i voti.

 

È quanto delineato nel pomeriggio nell’aula bunker di Lamezia Terme, dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, dal collaboratore di giustizia Giuseppe Di Giacomo, di Acireale, in provincia di Catania, membro importante del clan dei Laudani e detenuto ininterrottamente dal 1993. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, il collaboratore di giustizia ha ricordato la sensazione di delusione fra i mafiosi dopo le condanne rimediate al maxiprocesso di Palermo.
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