Il pm Mancuso: «Le persone passano, le idee restano. Noi dobbiamo dare corpo e sostanza a tutto questo». Quindi la prosecuzione delle conclusioni sui fratelli Artusa, i re dell’abbigliamento griffato caduti in disgrazia e – per la Procura – aiutati dalla mafia a riprendersi i loro beni
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Non è un giorno come gli altri», spiega in esordio il pubblico ministero Andrea Mancuso. La requisitoria al maxiprocesso Rinascita Scott riprende nel trentunesimo anniversario della strage di Capaci. Il sostituto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ricorda «i colleghi Giovanni e Francesca», ma anche gli agenti della scorta uccisi dal tritolo di Cosa nostra: «Antonio, Rocco e Vito». Falcone, Morvillo, Montinaro, Dicillo, Schifani.
«Sono ricordi rispetto ai quali ci sentiamo piccoli», continua il pm con tono sommesso ma solenne. E poi: «Nostro dovere è cercare di onorare quel ricordo e fare al massimo il nostro dovere. Le persone passano, le idee restano. Dobbiamo dare corpo, sostanza, a queste parole. Non intendo andare oltre – prosegue – ma cercherò di fare al meglio il mio lavoro e, con questo spirito, torno alla requisitoria».
Il pm Mancuso riparte, dunque, da altre contestazioni di reato mosse nei confronti dei fratelli Mario e Umberto Maurizio Artusa, un tempo commercianti d’abbigliamento griffato tra i più noti della Calabria. Il loro profilo era già stato esplorato nei giorni precedenti dalla pubblica accusa che aveva tratteggiato i profili di carattere generale che riconducono i due imprenditori in una sorta di cerchio magico del presunto capo crimine Luigi Mancuso. Coinvolgendo altre figure che l’accusa ritiene legate allo stesso superboss di Limbadi, tutti imputate nel maxiprocesso (Gianfranco Ferrante, Giovanni Giamborino, Saverio Razionale, Pasquale Gallone…), la pubblica accusa sciorina i fatti emersi in dibattimento che dimostrerebbero come fossero stati pronti a tutto per tutelare i loro interessi imprenditoriali ed i loro beni, anche condizionando le procedure fallimentari e le aste giudiziarie che ne scaturirono.
Imputazioni relativamente minori, rispetto all’importanza del maxiprocesso, la cui natura – in chiave accusatoria – diventa rivelatrice di un doppio rilevante profilo: il primo, la capacità di intervento della criminalità organizzata rispetto alle vicende di carattere personale d’interesse dei propri accoliti; il secondo, l’efficacia delle attività tecniche intercettive, che hanno cristallizzato in presa diretta le dinamiche oggetto dell’indagine.