È stata la volta del collaboratore di giustizia Domenico Giampà nel processo Rinascita-Scott in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. 

«Collaboro dal luglio 2016 per intraprendere un nuovo percorso di vita. Facevo parte del clan Giampà, ero il killer della cosca che operava a Lamezia Terme. Un clan – ha affermato Domenico Giampà – a carattere familiare egemone sin dagli anni ’80 con mio zio Francesco Giampà. Sono stato inserito nel clan agli inizi degli anni 2000 sino a divenirne il reggente dal 2013 in poi. Ho commesso diversi omicidi, di cui uno – quello di Mario Franzoni a Portosalvo – nella zona di Vibo unitamente a mio cugino, ad Andrea Mantella, Salvatore Mantella, Nazzareno Mantella ed altri. Andrea Mantella era una figura apicale della ‘ndrangheta di Vibo sin dagli anni 2000 quando si è distaccato dal clan Lo Bianco. La mia famiglia e mio cugino Giuseppe Giampà aveva rapporti con Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, così come altro mio cugino, Antonio Stagno, aveva rapporti con i Mancuso per le estorsioni a Milano. I Giampà avevano poi rapporti con Ascone per il traffico di droga ed altri legami si erano instaurati in carcere con Domenico Macrì». 

La bomba a Lamezia

Quindi, il riferimento ad una bomba messa a Lamezia Terme contro il negozio di abbigliamento degli Artusa e l’interessamento del boss Luigi Mancuso per far cessare ogni pretesa estorsiva poiché – ha raccontato Domenico Giampà rispondendo al pm della Dda Andrea Mancuso – si “trattava di imprenditori che non andavano toccati in quanto in buoni rapporti con Cosmo e Luigi Mancuso”. Per far cessare gli attentati, Luigi Mancuso si sarebbe rivolto ad Antonio Gualtieri di Lamezia Terme il quale a sua volta avrebbe interessato il clan Giampà ed i Notarianni di Lamezia. Rispondendo alle domande dell’avvocato Salvatore Staiano, il collaboratore di giustizia Domenico Giampà ha quindi chiarito che per far cessare gli attentati nei confronti degli imprenditori Artusa si sarebbe rivolto a suo cugino Saverio Giampà.