Il summit serviva per stabilire nuove linee guida, una sorta di nuovo ordine a Vibo città ma anche al conferimento di nuove doti di ‘ndrangheta. A rivelarlo il neopentito Bartolomeo Arena
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Il 25 febbraio 2018 il Ros di Catanzaro mise a segno un colpo investigativo memorabile: il monitoraggio in presa diretta di un summit di 'ndrangheta che metteva insieme i referenti dei gruppi ‘ndranghetistici che s'erano divisi la città di Vibo Valentia.
Ad ospitarlo, uno degli uomini d'onore della vecchia guardia: Antonio Lo Bianco. Dai vertici dei Lo Bianco-Barba a quelli dei Camillò-Ranisi, degli ex scissionisti mantelliani e del gruppo Cazzarola. Venti commensali ed un ospite di riguardo: Michele Di Puppo, ovvero l’erede degli ex superlatitanti Ettore Lanzino e Franco Presta, il nuovo gangster e padrino-padrone dell'area bruzia cosentina.
Il summit – annotano gli uomini del Ros – serviva per stabilire nuove linee guida, una sorta di nuovo ordine a Vibo città, ma anche al conferimento di nuove doti di ‘ndrangheta.
Tutti insieme, per propositi di pace mafiosa che sarebbero stati, però, effimeri. Sarebbe stato il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena a svelarlo nel primo interrogatorio reso davanti al pool di magistrati guidato da Nicola Gratteri.
«Adesso – spiegava il nuovo pentito – i Pardea, soprattutto Antonio, hanno deciso di prendere il potere su Vibo Valentia, pertanto il primo da eliminare è Pugliese Rosario. Mommo Macrì vuole eliminare Paolo Lo Bianco, mentre Morelli Salvatore vuole uccidere Filippo Catania».
Una situazione divenuta incandescente, come dimostra – emerge dalla maxi-inchiesta “Rinascita-Scott” - la crescente preoccupazione - per quanto stesse accadendo a Vibo Valentia - di un altro storico clan, quello degli Alvaro di Sinopoli, il cui nome si affianca alle copiate e ai rapporti intessuti storicamente da tutti i gruppi che s’erano divisi al città in un clima di tensione latente e pronta ad esplodere.