Il collaboratore di giustizia riferisce sui delitti Belsito e Franzoni e sull’influenza dei maggiori capimafia della provincia vibonese. La storia della casa popolare in cui andò a vivere grazie alla “messa a disposizione” di figure istituzionali
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Gli omicidi di Domenico Belsito e di Mario Franzoni, consumati il 18 marzo del 2004 a Pizzo ed il 21 agosto del 2002 a Porto Salvo di Vibo Valentia. Si conclude con le sue conoscenze riguardo i regolamenti di conti in seno alla criminalità organizzata vibonese l’esame del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena al maxiprocesso Rinascita Scott. La ricostruzione fornita dal dichiarante, incalzato dal pm Antonio De Bernardo, è aderente al narrato del principale pentito nel procedimento in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme, Andrea Mantella, che avrebbe organizzato l’esecuzione di Belsito nell’interesse del clan Bonavota e quella di Franzoni per una vendetta voluta da Franco Barba, presunto esponente di rango della ‘ndrangheta vibonese.
L’omicidio Belsito sarebbe stato materialmente compiuto da Francesco Scrugli (poi ucciso nel 2012 nell’ambito della faida tra i Patania di Stefanaconi ed il clan dei Piscopisani), supportato da Salvatore Mantella. Quello di Franzoni, invece, da killer lametini legati allo stesso Mantella, già cognato di Pasquale Giampà alias Boccaccio. Fonte principale delle sue conoscenze, anche in questi casi, Francesco Antonio Pardea, che criminalmente conobbe la sua crescita proprio all’ombra di Mantella.
L’esame era ripreso con una serie di chiarimenti riguardo altri presunti affiliati al clan Bonavota e sull’influenza criminale di Rocco Anello, potente capomafia di Filadelfia, principale imputato nel parallelo maxiprocesso Imponimento, in particolare nella zona di Pizzo. Arena, nel corso dell’udienza, ha chiarito ulteriormente anche il peso criminale assunto a Pizzo da Salvatore Mazzotta, Luca Belsito e Domenico Pardea, ma anche dai Bonavota, in partnership con gli stessi Anello, a cui erano federati anche i Fruci di Curinga.
Arena si è anche soffermato su Luigi Mancuso, il superboss figura chiave di Rinascita Scott. «Dopo l’operazione Crimine, una volta uscito dal carcere – ha spiegato il collaboratore – aveva intenzione di creare una Provincia a sé». Luigi Mancuso, la figura di maggiore carisma della “dinastia degli undici”, avrebbe pertanto – ha confermato Arena – avviato una politica di pacificazione delle cosche in guerra». Arena, in proposito, ha spiegato che sarebbero stati tre i principali boss del Vibonese con i quali Mancuso avrebbe avviato il processo di unificazione dei locali ‘ndranghetistici del Vibonese: «Rocco Anello, Saverio Razionale e Peppone Accorinti, questi sono i più importanti…».
Arena, a domanda del pm De Bernardo, ha poi ribadito: «Conosco Filippo Nesci, non che siamo amici, ma so chi è. È il comandante della polizia municipale di Vibo Valentia, strettamente legato a Ugo Bellantoni. In un periodo in cui avevo necessità di dimorare in una casa popolare, che era di Gaetano Comito, nella quale non avevo diritto a stare, era necessario il suo permesso. Sono riuscito anche ad avere la residenza lì a nome di mia sorella, grazie ad un consigliere comunale. Con Nesci se la sarebbero vista Vito Pitaro, Giuseppe Cutrullà e Carmelo Pardea, perché lo conoscevano e non ci sarebbero stati problemi». Di alcuni passaggi inerenti questa vicenda, oltre che le sue memorie, Arena ha spiegato di essere in grado di poter consegnare prove documentali.