«A noi non risulta che l’ex comandante dei Vigili urbani di Vibo Valentia Corigliano Domenicantonio Felice fosse a disposizione di qualche cosca. Ci risulta, dalle attività di captazione, che fosse stato speso il nome di terze persone affinché scendesse a patti con gli Artusa per quanto concerne la locazione degli immobili di loro interesse».

Lo ha specificato il maresciallo del Ros di Catanzaro Vincenzo Franco, rispondendo alle domande dell’avvocato Alessandro Diddi, difensore di Giovanni Giamborino, presunto faccendiere del boss Luigi Mancuso, nel controesame del teste dell’accusa all’ultima udienza del maxiprocesso Rinascita Scott.

L’ex comandante della Polizia municipale di Vibo Valentia, unitamente ad altri congiunti, figura come vittima di una estorsione contestata ai fratelli Artusa, Mario e Umberto Maurizio, in concorso con Gianfranco Ferrante, Saverio Razionale e Giovanni Giamborino. L’estorsione sarebbe stata correlata alla locazione di un immobile di proprietà dell’ex comandante Corigliano a cui erano interessati gli Artusa.

«Non ci risultano rapporti diretti tra Corigliano e Luigi Mancuso, Saverio Razionale e Pasquale Gallone – ha replicato il sottufficiale del Ros al difensore -. Né ci risultano evidenze secondo cui Corigliano sapesse che Ferrante o Giamborino fossero vicini a Luigi Mancuso».

La difesa, pertanto, intende dimostrare come la mediazione sulla locazione degli immobili non fosse stata illecita e che, comunque, la presunta vittima della contestata estorsione, che per altro non presentò alcuna denuncia, non fosse consapevole dell’asserita appartenenza dei suoi interlocutori a contesti di criminalità organizzata.  

Il controesame del maresciallo Franco è proseguito con le domande dell’avvocato Francesco Muzzopappa, sempre nell’interesse dei fratelli Artusa. «Minacce dirette a Corigliano intercettate da noi non ve ne sono», replica il teste. «Le vostre conclusioni sul fatto che vi siano state minacce si basano esclusivamente sulle intercettazioni. Parlate quindi di pressioni, ma che riscontri avete?», ha domandato il penalista. «Ci sono state trattative, il prezzo finale pattuito è stato di 2.700 euro al mese. La richiesta iniziale era di 3.200 euro mensili in luogo dei 3.000 che pagavano in precedenza».