Un figlio vale molto di più della propria libertà. Avrà pensato questo il boss di Limbadi Pantaleone Mancuso detto “scarpuni” quando decise di non fuggire all’arresto e scontare una probabile condanna all’ergastolo pur di non perdere la potestà genitoriale.

A raccontare di questo presunto (sconvolgente qualora fosse provato) accordo tra il boss Mancuso e lo Stato è Emanuele Mancuso, primo pentito nella potente cosca di Limbadi e nipote di Pantaleone. Una confessione che il giovane collaboratore di giustizia fa al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Antonio de Bernardo.

Accordo Mancuso-Stato, il documento esclusivo

È un documento esclusivo, fatto ascoltare nel corso del format Rinascita Scott – Il maxi processo alla ndrangheta condotto da Pietro Comito e Pino Aprile, e andato in onda giovedì 7 ottobre alle ore 21.30 su LaC Tv. L’interrogatorio risale al 25 novembre 2020 ed è stato acquisito in una delle ultime indagini istruite dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Petrol mafie – Rinascita Scott 2.

Accordo Mancuso-Stato: la storia di Tita Buccafusca

Per capire il perché di questo presunto accordo, però, è necessario spiegare il contesto in cui sarebbe maturata la decisione di Pantaleone Mancuso. Il boss è il marito di Tita Buccafusca. La donna aveva deciso di parlare con gli inquirenti per provare a dare al figlio una vita diversa, lontana dalla violenza. Tita, però, morirà dopo aver bevuto l’acido. La sua morte fu archiviata come suicidio.

Dopo il decesso della moglie, il superboss Scarpuni sarà arrestato, processato e poi condannato all’ergastolo. Eppure secondo quanto riferisce il pentito Emanuele Mancuso poteva fuggire, il suo processo poteva essere “aggiustato” dalla cosca, ma rimane, si fa arrestare e condannare.

Secondo il collaboratore, la veridicità di quell’accordo sarebbe facile da provare: il figlio di Pantaleone Mancuso è rimasto in famiglia e non allontanato dalla Calabria come successo a decine di figli di affiliati alla ‘ndrangheta: «Glielo stanno crescendo» sottolinea il giovane.

Accordo Mancuso-Stato, la rivelazione del pentito

«Luigi (Mancuso, bosso dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta ndr) – spiega il pentito - gli diceva: “scappa, vattene, vattene, vattene” a Scarpuni e io gli ho domandato più di una volta come mai non gli hai aggiustato questo processo? “È stato lui che ha voluto così – avrebbe risposto Luigi Mancuso - l’ha fatto per il figlio”».

È proprio a questo punto dell’interrogatorio Emanuele Mancuso parla di un presunto accordo che sarebbe stato fatto da scarpuni per non perdere la potestà genitoriale.

«Parlava di un accordo – spiega il collaboratore di giustizia - C’era stato un accordo che non gli prendevano il figlio e lui non se ne andava. Lui sapeva già che sarebbe stato arrestato, 100%. Luigi glielo aveva detto, non una volta, dieci volte di andarsene, ma lui (Pantaleone Mancuso alias Scarpuni ndr) non se n’è andato per il figlio. Perché aveva paura che la giustizia gli prendeva il figlio, mentre il figlio glielo stanno crescendo».

Una volta introdotto l’argomento, il pm Antonio De Bernardo vuole sapere chi sarebbe stata la controparte di Pantaleone Mancuso in questa storia: «L’accordo con chi lo aveva fatto Scarpuni?».

Mancuso: «E questo non lo so, con lo Stato. Di certo non con altri».
De Bernardo: «Questo con lo Stato è una sua deduzione – lo incalza il magistrato - rispetto a quello che è successo, oppure dicevano proprio così».

Mancuso: «Dottore… se quello gli dice “scappa, vattene che prendi l’ergastolo” perché si sapeva. Loro sapevano che lo arrestavano al cento per cento. Perché io gliel’ho detto: “Perché non gliel’aggiusti questa sentenza? Perché non lo buttate fuori? Perché non facciamo qualcosa? E lui (Luigi Mancuso) mi disse: “Assolutamente no, è stata una sua decisione di farsi arrestare per il figlio”. Aveva trovato un accordo affinché il figlio non gli venisse preso».

«Quindi – è la deduzione di Emanuele Mancuso – se il figlio gli veniva preso dallo Stato, l’accordo lo aveva preso con lo Stato. Non c’è dubbio. Non è che c’era bisogno di fargli una ulteriore domanda».