I racconti del collaboratore anche sullo scontro con i Barbieri di Cessaniti, la rissa al Punta Cana e la convocazione di una riunione da parte di Luigi Mancuso. Il ruolo di Totò Prenesti e i contrasti all’interno della famiglia di Limbadi e Nicotera
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Dovevano essere eliminati sia Francesco Mancuso, alias “Tabacco”, che Salvatore Morelli, detto “l’Americano”. A Zungri, invece, c’era anche chi voleva morto Giuseppe Accorinti. Nel primo caso a decidere di far fuori Francesco Mancuso sarebbe stato lo zio Cosmo Michele Mancuso, nel secondo caso Luigi Mancuso (fratello di Cosmo Mancuso). A raccontare diversi retroscena di tali progetti di morte è stato il collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, che anche oggi ha risposto a lungo al pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, nel corso dell’esame dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia.
Epoche diverse per i due fatti di sangue, con un sicario comune: Totò Prenesti, alias “Yo-Yo”, che Emanuele Mancuso ha indicato come “fedelissimo” dei fratelli Luigi e Cosmo Michele Mancuso. “Si era deciso di eliminare Salvatore Morelli a Vibo – ha spiegato il collaboratore – in quanto stava toccando esercizi commerciali già protetti dai Mancuso. Luigi Mancuso disse che se Paolino Lo Bianco a Vibo non era più in grado di avere il controllo della situazione, toccava ad Antonio Piccolo di Nicotera ed a Totò Prenesti prendere Salvatore Morelli e farlo fuori. Il mandato proveniva da Luigi Mancuso”. Salvatore Morelli (già braccio-destro di Andrea Mantella) è attualmente latitante.
Lo scontro con Francesco Mancuso
Francesco Mancuso, detto Tabacco, avrebbe compiuto negli anni pesanti danneggiamenti sia nei confronti di imprenditori già “protetti” dagli zii e soprattutto nella zona di Capo Vaticano da Agostino Papaianni, sia colpito direttamente le proprietà ed i terreni di campagna di Pantaleone Mancuso (Vetrinetta), Antonio Mancuso e Cosmo Michele Mancuso. L’ingerenza di Francesco Mancuso anche nella distribuzione del pane fece però scattare l’agguato nei suoi confronti nel luglio 2003 a Spilinga. “Nell’occasione rimase ucciso Raffaele Fiamingo – ricorda Emanuele Mancuso – che era un fedelissimo di Francesco Mancuso. A sparare è stato Totò Prenesti su mandato di Cosmo Michele Mancuso, con Francesco Mancuso rimasto ferito in modo grave. Venne portato a casa dal figlio Domenico Mancuso, detto Tequila, e non voleva in alcun modo essere portato in ospedale per la vergogna di essere stato sparato in un agguato. Siccome perdeva molto sangue e non si trovava un medico che potesse curarlo a casa, il figlio Domenico lo convinse a ricoverarsi in ospedale. Ni giorni successivi – ha ricordato il collaboratore – a far visita a Francesco Mancuso in ospedale si è recata anche mia mamma, mentre Diego Mancuso, fratello di Francesco, se ne fregava e in quel periodo organizzava mangiate a casa sua come nulla fosse. Domenico Mancuso, detto The Red, figlio di Diego Mancuso, mi disse che il mandante dell’agguato era Cosmo Michele Mancuso e che Totò Prenesti si era dato alla latitanza in Lombardia”.
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