Si aprono scenari inquietanti sul coinvolgimento dei clan vibonesi nell’affare. Risale allo scorso anno il sequestro di un sito a Portosalvo con un elevato tasso di radioattività ma sul legame tra le vicende rese note dal collaboratore di giustizia e il rinvenimento sono in corso indagini
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Traffico di rifiuti tossici da parte dei clan vibonesi nel Nord Italia e non solo. Le ultime dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Bartolomeo Arena, aprono scenari inquietanti anche su tale fronte. Un “assaggio” è stato dato nel maxiprocesso Rinascita Scott nel corso del controesame dell’avvocato Caramello, difensore di Mario De Rito.
Bartolomeo Arena ha ribadito in aula che Mario De Rito, 47 anni, di Vena Superiore (imputato nel maxiprocesso per altri reati), avrebbe avuto la disponibilità di alcuni capannoni a Novara dove stoccare rifiuti tossici provenienti da “aziende del Nord”. Mario De Rito avrebbe raccontato a Bartolomeo Arena che questi rifiuti “si potevano mettere in tali capannoni” coinvolgendo lo stesso Arena e Francesco Antonio Pardea. “Era una cosa sua, di De Rito e voleva coinvolgerci – ha affermato il collaboratore – e noi nel 2019 abbiamo manifestato interesse per collaborare in questo affare. Eravamo io e Francesco Antonio Pardea”. Bartolomeo Arena spiega quindi di aver poi avviato la collaborazione con la giustizia e di non aver più saputo nulla dell’affare. “Successivamente – ha però aggiunto il collaboratore in altri verbali – venivo a conoscenza del fatto che in un capannone vicino a quello in uso a De Rito a Portosalvo venivano rinvenuti dei rifiuti tossici ed ho messo insieme le due cose”.
I rifiuti nella zona industriale di Vibo
Da ricordare che il 19 maggio dello scorso anno personale della sezione di polizia giudiziaria – aliquota carabinieri, in forza alla Procura di Vibo Valentia, congiuntamente ad una squadra specializzata dei vigili del fuoco, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso d’urgenza dal procuratore Camillo Falvo e dal sostituto Filomena Aliberti, relativo ad un’area – di estensione di circa 100mila metri quadrati -sita nella zona Industriale di Portosalvo.
I rifiuti speciali a Portosalvo
Una misura cautelare reale scaturita da una complessa ed articolata attività d’indagine, condotta sotto le direttive dell’Ufficio di Procura, che ha avuto origine da una segnalazione ricevuta dalla Questura. L’indagine ha evidenziato un notevole degrado all’interno dell’area ove aveva sede la ormai cessata società Cgr (Compagnia generale resine sud), a suo tempo impegnata nella produzione di resine sintetiche e costruzione impianti di industria chimica. All’interno del sito è stato rinvenuto un ingente quantitativo di rifiuti speciali, anche pericolosi (pneumatici fuori uso, eternit, materiale ferroso), nonché un cospicuo numero di “ecoballe” stoccate all’interno di capannoni. Una situazione grave poiché l’esame radiometrico ha permesso di accertare un livello elevato di radioattività all’interno del sito.
Che tale rinvenimento sia legato anche al traffico di rifiuti tossici di cui ha parlato Bartolomeo Arena non è dato al momento sapere. Indagini sono in corso e gli scenari aperti dal collaboratore di giustizia attendono le opportune verifiche ed i necessari riscontri.